È certamente una delle domande, che l’uomo si pone da secoli, ed anche in tempi più recenti, con la tecnologia al massimo della sua evoluzione, è sempre difficile dare una risposta certa. Esiste vita oltre la Terra? L’idea di condividere l’universo con altre forme di vita è stata oggetto di numerose speculazioni e teorie nel corso dei secoli. E ora, una recente scoperta scientifica potrebbe darci la conferma, o per lo meno, un nuovo indizio che non siamo soli nell’universo.
- Lo studio sul pianeta K2-18b: ecco perché è così importante
- Scoperta una super terra abitabile?
- Spuntano nuovi pianeti nell'Universo
- Come sono stati individuati i nuovi pianeti
- I pianeti nella “zona abitabile”
- Nuove speranze di vita extra-terrestre: cosa dice la scienza
- Trovati nuovi pianeti simili alla Terra nella Nebulosa di Orione?
- Perché i Jumbo mettono in discussione tutto ciò che sappiamo sui pianeti
- Il pianeta al centro degli studi degli scienziati
- Nasa scopre 7 nuovi pianeti 'fratelli' della Terra e abitabili
- Qual è il pianeta più simile alla Terra?
- Quale pianeta può essere abitato?
Lo studio sul pianeta K2-18b: ecco perché è così importante
Nel settembre dell’anno scorso, i ricercatori dell’Università di Cambridge hanno fatto un annuncio che ha scosso il mondo scientifico: nell’atmosfera di K2-18b, un pianeta extrasolare situato a 120 anni luce dalla Terra, sono state rilevate tracce di dimetilsolfuro (DMS), una sostanza tipicamente prodotta da forme di vita come le alghe marine e il fitoplancton sulla Terra. Questa scoperta potrebbe indicare la presenza di vita aliena su questo misterioso mondo.
Il dottor Nikku Madhusudhan, astrofisico presso l’Università di Cambridge e autore principale dello studio “Carbon-bearing Molecules in a Possible Hycean Atmosphere”, ha dichiarato che la sua squadra si prepara a confermare definitivamente la presenza di questo composto su K2-18b. La precedente osservazione, seppur promettente, ha avuto una precisione del 50 percento, quindi è necessario uno studio di follow-up per confermare completamente la presenza di DMS.
I ricercatori pianificano di mettere sotto la lente d’ingrandimento K2-18b utilizzando il Telescopio Spaziale James Webb, uno strumento all’avanguardia che può condurre approfondite indagini spettroscopiche delle atmosfere degli esopianeti. Questo telescopio può rilevare le “firme” chimiche che indicano la presenza di sostanze come l’acqua, il metano e, potenzialmente, il dimetilsolfuro, che potrebbe essere la prima conferma indiretta della presenza di vita su un pianeta al di fuori del nostro sistema solare.
K2-18b è stato scoperto nel 2015 grazie al telescopio Kepler e è classificato come un mondo “iceanico”, con dimensioni simili a quelle di Nettuno e un’atmosfera ricca di idrogeno. Nonostante orbiti più vicino alla sua stella madre rispetto alla Terra, il pianeta è situato nella zona abitabile, dove le condizioni potrebbero essere favorevoli per la presenza di acqua liquida sulla superficie.
Questa nuova scoperta solleva la possibilità intrigante che si possa trovare vita al di là del nostro sistema solare. Resta da vedere cosa riveleranno le prossime osservazioni del Telescopio Spaziale James Webb e quanto ci vorrà per ottenere risultati definitivi da questa sorprendente analisi.
Scoperta una super terra abitabile?
Grazie al telescopio spaziale TESS della NASA, è stata recentemente identificata una super Terra nella zona abitabile della stella TOI-715, situata nel cuore della costellazione del Pesce, a 137 anni luce dalla Terra. Questo pianeta roccioso, denominato TOI-715b, potrebbe ospitare acqua liquida sulla sua superficie, rendendolo un corpo celeste di grande interesse per gli studiosi dell’astrobiologia e dell’esplorazione spaziale.
La super Terra, con un raggio 1,55 volte quello terrestre, si colloca nella zona abitabile conservativa della sua stella madre. La zona abitabile è quella regione spaziale che permette ai pianeti orbitanti di potenzialmente sostenere acqua liquida sulla loro superficie, garantendo temperature moderate. Questi pianeti sono definiti “Goldilocks planets”, o pianeti Riccioli d’oro, poiché offrono condizioni ideali per la vita.
La scoperta è stata effettuata da un team di ricerca internazionale guidato dagli scienziati dell’Università di Birmingham, in collaborazione con vari centri di ricerca, tra cui l’Astrobiology Research Unit dell’Università di Liegi, l’Osservatorio Astronomico di Campo Catino in Italia e l’Exoplanet Science Institute della NASA.
Un aspetto significativo della scoperta è la natura della stella madre, TOI-715, una nana rossa di classe M. Queste stelle sono note per la loro turbolenza, ma nel caso di TOI-715, sembra essere meno attiva, forse a causa della sua età stimata di 6-7 miliardi di anni. Questa stella è stata associata a brillamenti devastanti che potrebbero sterilizzare l’atmosfera dei pianeti circostanti, ma attualmente sembra essere relativamente calma.
TOI-715b compie un’orbita attorno alla sua stella in soli 19 giorni terrestri, il che significa che un anno su questo pianeta dura meno di tre settimane. La sua vicinanza alla stella potrebbe aver influenzato la possibilità di vita o la sua emersione in passato.
Nonostante il metodo di rilevamento tramite transito non abbia permesso di determinare la massa di TOI-715b, si stima che possa variare tra 7 e 2 volte quella della Terra. Inoltre, potrebbe essere affiancato da un “fratello” più piccolo, TOI-715c, anch’esso nella zona abitabile, ma con un’orbita più breve e nella zona abitabile ottimistica.
La scoperta di questa super Terra attraverso il telescopio TESS apre nuove prospettive nella ricerca di pianeti potenzialmente abitabili al di fuori del nostro sistema solare. I dettagli completi dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Spuntano nuovi pianeti nell’Universo
Il satellite Tess della NASA ha identificato 85 nuovi potenziali pianeti “abitabili” al di fuori del Sistema solare. Questi esopianeti, simili per dimensioni a Giove, Saturno e Nettuno, presentano temperature che potrebbero supportare la vita. La scoperta è frutto di una collaborazione internazionale guidata da Faith Hawthorn dell’Università di Warwick, nel Regno Unito, ed è stata pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Come sono stati individuati i nuovi pianeti
Il metodo impiegato per individuare questi candidati esopianeti è la tecnica dei transiti, che analizza le variazioni di luminosità di 1,4 milioni di stelle causate dal passaggio dei pianeti davanti al loro disco stellare. Nonostante la necessità di solitamente osservare tre transiti per confermare l’esistenza di un esopianeta, questo studio si è concentrato su sistemi con solo due transiti, permettendo di individuare esopianeti con periodi orbitali più lunghi e potenzialmente più freddi.
I pianeti nella “zona abitabile”
Gli 85 possibili esopianeti individuati, di cui 60 completamente sconosciuti, impiegano dai 20 ai 700 giorni per orbitare attorno alle loro stelle madri. Questa differenza è notevole rispetto alla maggior parte degli esopianeti osservati da Tess, che di solito hanno periodi orbitali più brevi. Alcuni di questi esopianeti si trovano nella “zona abitabile”, con temperature che potrebbero supportare la vita.
Faith Hawthorn ha presentato la sua ricerca in un video su YouTube, illustrando gli esopianeti in transito con NGTS e TESS nel campo dell’Astronomia e dell’Astrofisica. Questa scoperta amplia le prospettive nella ricerca di pianeti con condizioni ambientali favorevoli per la vita e contribuisce alla nostra conoscenza della diversità di esopianeti nella galassia.
Nuove speranze di vita extra-terrestre: cosa dice la scienza
Una rivoluzionaria tecnica utile per identificare l’acqua nella sua forma liquida è stata annunciata da un team di scienziati, che hanno spiegato che il procedimento prevede la misurazione della quantità di anidride carbonica nell’atmosfera di un pianeta e il confronto con quella prelevata da mondi vicini.
Se un pianeta ha una quantità ridotta di CO2 nella sua atmosfera rispetto ai pianeti più vicini, allora questo suggerisce la presenza di acqua liquida sulla sua superficie. In accordo con questa teoria, la CO2 nell’atmosfera del pianeta si dissolverebbe nell’oceano, proprio come sulla Terra o sarebbe assorbita da una biomassa su scala planetaria.
Fino ad ora, non esiste un metodo pratico per rilevare la presenza di acqua liquida, ma gli scienziati sono convinti di poter identificare il liquido in superficie di un pianeta utilizzando il suo bagliore, cioè la luce delle stelle riflessa proprio sull’acqua.
I ricercatori hanno ideato una sorta di “firma di abitabilità” che è in grado di determinare se un pianeta è in grado di ospitare e trattenere acqua liquida sulla sua superficie. Amaury Triaud, professore di esopianetologia all’Università di Birmingham, ha detto: “È abbastanza facile misurare la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera di un pianeta, perché la CO2 è un forte assorbitore nell’infrarosso, la stessa proprietà che sta causando l’aumento delle temperature globali sulla Terra. Confrontando la quantità di CO2 nelle atmosfere di diversi pianeti, possiamo utilizzare questa nuova firma di abitabilità per identificare quei pianeti con oceani, che hanno maggiore probabilità di poter sostenere la vita.”
Il dottor Julien de Wit, professore assistente di scienze planetarie al Massachusetts Institute of Technology, a tal riguardo ha aggiunto che “la vita sulla Terra rappresenta il 20% dell’ammontare totale di CO2 catturato, con il resto principalmente assorbito dagli oceani. Su un altro pianeta, questo numero potrebbe essere molto più grande. Uno dei segni distintivi del consumo di carbonio da parte della biologia, è l’emissione di ossigeno.
Dalla ricerca pubblicata sulla rivista Nature Astronomy, inoltre è emerso che “l’ossigeno può trasformarsi in ozono, e si scopre che l’ozono ha una firma rilevabile proprio accanto alla CO2. Quindi, osservare contemporaneamente la diossina carbonica e l’ozono può informarci sull’abitabilità, ma anche sulla presenza di vita su quel pianeta.”
Secondo gli scienziati la loro ricerca può essere utilizzata per rivelare ulteriori approfondimenti sui punti critici ambientali. Il professore Triaud ha aggiunto: “Esaminando i livelli di CO2 nelle atmosfere di altri pianeti, possiamo misurare empiricamente l’abitabilità e questo ci aiuta a ottenere informazioni utili per la crisi climatica che affrontiamo sulla Terra, per scoprire a quale punto i livelli di carbonio rendono un pianeta inabitabile.
Infatti Venere e la Terra sembrano incredibilmente simili, ma sappiamo che c’è un livello molto alto di carbonio nell’atmosfera di Venere, un segnale che in passato “potrebbe essere stato un punto di svolta climatico, che ha portato Venere a diventare inabitabile.”
Trovati nuovi pianeti simili alla Terra nella Nebulosa di Orione?
Nella vastità dell’universo, ogni giorno ci riserva nuove sorprese, ma la recente scoperta di decine di oggetti di dimensioni planetarie nella Nebulosa di Orione ha gettato nuova luce sull’astronomia. E in molti si immaginano che tra essi potrebbe esserci anche una sorta di nuovo “pianeta gemello” della Terra.
Queste enigmatiche entità, temporaneamente ribattezzate “Jupiter-mass binary objects“, per gli amici Jumbo. Sono state individuate grazie alle spettacolari immagini catturate dal telescopio spaziale James Webb e sono al centro di un acceso dibattito tra gli scienziati di tutto il mondo.
Una caratteristica che li rende unici è il loro status astronomico: troppo piccoli per essere considerati stelle e fuori dall’orbita di qualsiasi stella madre. Quel che è certo è che questi Jumbo sfidano la definizione convenzionale di pianeti. Invece, si librano liberamente nella nebulosa di Orione, come se fossero pianeti nomadi in cerca di una casa cosmica. E la cosa curiosa è che lo fanno in coppia.
Perché i Jumbo mettono in discussione tutto ciò che sappiamo sui pianeti
Questa scoperta non solo sorprende per la loro insolita posizione nella nebulosa, ma anche perché sembra mettere in discussione le teorie consolidate sulla formazione delle stelle e dei pianeti. Secondo le conoscenze attuali, oggetti delle dimensioni e della consistenza di Giove non dovrebbero nascere all’interno delle nubi di polvere e gas presenti in una nebulosa, ma sembra che questi Jumbo abbiano infranto questa regola.
Tuttavia, nonostante la loro intrigante natura, la possibilità di vita aliena su questi Jumbo sembra essere un’ipotesi lontana. Con un’età di circa 1 milione di anni, che nel contesto astronomico sono considerati bambini, e temperature superficiali che sfiorano i 1.000 gradi Celsius, questi oggetti stellari si raffredderanno rapidamente e avranno solo una breve finestra di temperatura idonea all’abitabilità. Ma c’è un grande problema: le loro superfici sono costituite da gas, e quindi non ospitano acqua liquida, un elemento essenziale per la vita come la conosciamo. E, al contempo, nemmeno alcuna superficie di tipo solido.
In sintesi, questa scoperta non porta alla luce alcun nuovo “pianeta gemello” della Terra, ma piuttosto delle enigmatiche entità astronomiche che sfuggono alla categorizzazione tradizionale dei pianeti. Il dibattito tra gli studiosi è aperto, e mentre continueremo a scrutare il cielo alla ricerca di risposte, il mistero dei Jumbo nella Nebulosa di Orione resta una delle più grandi incognite dell’universo.
Il pianeta al centro degli studi degli scienziati
Torniamo però alla “ricerca” degli alieni. Gli scienziati impegnati nella ricerca di vita extraterrestre hanno recentemente discusso di un elemento cruciale: un gas presente su un pianeta situato a 120 anni luce dalla Terra. Questo gas, il dimetilsolfuro, è di particolare interesse perché è prodotto esclusivamente da organismi viventi. La sua scoperta rappresenta una svolta fondamentale nella nostra ricerca per comprendere se siamo soli nell’universo.
Il pianeta in questione è K2-18b, un esopianeta situato a una distanza impressionante di 120 anni luce dalla Terra. Questo pianeta è significativamente più grande del nostro e si trova al di fuori del nostro sistema solare. Gli astronomi hanno utilizzato il telescopio spaziale James Webb per identificare la presenza del dimetilsolfuro sulla sua atmosfera.
La NASA ha confermato che il dimetilsolfuro è un gas che, sulla Terra, è prodotto esclusivamente da organismi viventi. Questa scoperta solleva domande entusiasmanti sulla possibilità di vita su K2-18b e su altri pianeti simili. Il dottor Robert Massey della Royal Astronomical Society ha sottolineato che stiamo compiendo passi significativi verso la risposta alla grande domanda sulla vita extraterrestre.
Il professor Nikku Madhusudhan dell’Istituto di Astronomia di Cambridge ha aggiunto che tradizionalmente la ricerca di vita sugli esopianeti si è concentrata principalmente sui pianeti rocciosi, ma i mondi come K2-18b offrono un ambiente altamente favorevole per le osservazioni atmosferiche. Questo suggerisce l’importanza di esplorare diversi tipi di ambienti abitabili nella nostra ricerca di vita altrove.
Nasa scopre 7 nuovi pianeti ‘fratelli’ della Terra e abitabili
Sai che la Terra non è l’unico pianeta del suo genere? In giro per l’Universo, infatti, esistono alcuni altri pianeti “fratelli” del nostro. Che a quanto pare non è figlio unico. Qualche anno fa, a rivelarlo, è stata la NASA, secondo la quale sparsi per il cosmo ci sono delle altre “Terre“. O, a dirla tutta, dei pianeti che sono potenzialmente abitabili al pari del nostro. E che almeno in teoria permettono la presenza di forme di vita aliena. E magari anche di società in grado di essere paragonabili a quella umana.
Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Era il febbraio 2017 quando la NASA annunciò di aver scoperto una grande stella circondata da sette pianeti, alcuni dei quali potenzialmente abitabili. Un vero e proprio sistema solare simile al nostro, se non fosse che si trova a 39,5 anni luce da noi.
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La stella di riferimento di questo sistema solare è Trappist-1, una stella nana rossa della costellazione dell’Acquario. Intorno ad essa orbitano ben 7 pianeti, che hanno dato vita a una sorta di sistema solare alternativo e abbastanza speculare al nostro.
Gli studi a riguardo sono partiti nel 2015, quando un gruppo di astronomi guidati da Michaël Gillon dell’Institut d’Astrophysique et de Géophysique presso l’Università di Liegi in Belgio ha scoperto i primi “pianeti fratelli” della Terra.
La NASA ha poi rivelato che dei 7 pianeti del sistema di Trappist-1, 6 sono potenzialmente abitabili, in quanto le loro temperature sono compatibili con quelle del nostro mondo e permetterebbero la presenza di vita extraterrestre. Anzi, su 3 di questi pianeti è stata addirittura registrata la presenza dell’acqua.
La scoperta è molto importante, poiché riduce la possibilità che esista un vero e proprio “pianeta gemello” del nostro a una mera questione di statistica. Un’altra Terra può esistere. E probabilmente è là fuori da qualche parte. Sarà tra i 7 pianeti fratelli di Trappist-1?
Qual è il pianeta più simile alla Terra?
Visto che nell’universo esistono così tanti pianeti simili alla Terra, quanti di voi sono pronti per un viaggio spaziale su un pianeta somigliante alla nostra adorata casa comune? Beh, la questione potrebbe sorprendervi ma dobbiamo rivelarvi che il pianeta più simile alla Terra non si trova proprio dietro l’angolo, ma a “soli” 20 anni luce di distanza. Sì, avete capito bene la distanza. Ma siete curiosi di sapere di quale pianeta si tratta?
Quando parliamo di pianeta più simile alla Terra ci riferiamo al famigerato Gliese 581g, il nostro vicino galattico più promettente. Gli scienziati lo hanno scoperto qualche tempo fa e sono rimasti piuttosto entusiasti.
Se vi chiedete il motivo di tanto clamore, è perché sembra che Gliese 581g abbia tutto ciò di cui potrebbe aver bisogno per permettere uno sviluppo della vita come la conosciamo qui sulla Terra. È nella famosa “fascia di abitabilità” della sua stella, Gliese 581, il che significa che si trova alla distanza perfetta dalla sua stella madre per lasciarci sperare nell’esistenza di acqua liquida e condizioni ambientali favorevoli.
Immaginatevi la scena: si tratta di un pianeta dove è potenzialmente possibile andare a nuotare al mare, perdersi tra i boschi, arrampicarsi sui monti o prendere il sole sulla spiaggia. Non male, eh?
Se invece vi state chiedendo cosa rende Gliese 581g così interessante rispetto agli altri pianeti extrasolari, sappiate che è tutta questione di energia fotonica. L’energia che riceve dalla sua stella madre è infatti sufficiente per rendere possibile la vita sulla sua superficie. Un vero e proprio colpo di fortuna.
Ma qualcosa non corrisponde esattamente alla Terra, nonostante tutto. Il nostro Gliese 581g, rispetto al nostro meraviglioso pianeta, è decisamente più grande, con dimensioni che lo superano di circa tre volte.
Ad ogni modo, rappresenta una vera e propria calamita per gli scienziati costantemente alla ricerca di altri mondi abitabili. Gliese 581g essere il primo pianeta al di fuori del nostro sistema solare a offrirci un’opportunità di stringere amicizia con gli extraterrestri (o forse solo a sognare su come potrebbe essere la vita su un altro pianeta).
Quale pianeta può essere abitato?
Oltre ai pianeti extrasolari, anche nel nostro stesso sistema solare esistono alcune possibilità interessanti per cercare una nuova casa. Quindi, mettiamoci comodi mentre andiamo ad esplorare quali sono i candidati potenzialmente abitabili più vicini a noi.
Iniziamo con le lune di Giove e Saturno. Immaginatevi un’escursione spaziale sulle lune di questi giganti gassosi. Sono quattro. Le prime tre orbitano intorno a Giove, l’ultima intorno a Saturno:
- Europa
- Io
- Encelado
- Titano
Questi quattro satelliti fanno parte della nostra lista dei pianeti abitabili potenziali. Sono mondi affascinanti, ognuno con le proprie caratteristiche uniche.
Gli altri pianeti del sistema solare, invece, non sono adatti. Su Mercurio e su Venere fa troppo caldo e le temperature ci farebbero bruciare. Giove e Saturno sono dei giganti gassosi e quindi non è possibile mettere piede su di essi. Lo stesso discorso vale per Urano e Nettuno, che non sono altro che degli ammassi di gas.
Resterebbero Marte e la Luna. Contrariamente a quanto generalmente si crede, invece, Marte non è abitabile. La pressione atmosferica sul Pianeta Rosso, infatti, ammonta all’1% della pressione terrestre al livello di mare. Un livello estremamente basso che rende impossibile respirare senza una tuta pressurizzata. Per questo, anche i progetti ambiziosi come SpaceX di Elon Musk rappresentano delle affascinanti prospettive. Ma senza l’utilizzo dell’adeguata tecnologia, per l’uomo è impossibile vivere su Marte.
Per svariati motivi, nemmeno la Luna è considerata naturalmente abitabile. Il nostro satellite, infatti, possiede una magnetosfera priva di protezione dai raggi Gamma e da altre radiazioni provenienti dallo spazio, rendendo praticamente impossibile la sopravvivenza sulla sua superficie. Almeno in maniera naturale.
Al di fuori del nostro sistema solare, però, la scelta è vasta. Anzi, a dirla tutta, secondo un recente studio della Washington State University, sembra proprio che esistano tantissimi pianeti sui quali la vita può nascere, svilupparsi e sostenersi anche in maniera potenzialmente migliore rispetto a quanto avviene sulla Terra. Nel cosmo esistono infatti almeno 24 pianeti chiamati “superabitabili”, in quanto offrono le condizioni ottimali per la presenza della vita. Peccato che si trovino tutti a più di 100 anni luce di distanza dalla Terra.