Nel mondo della scienza e della medicina, gli orizzonti si allargano costantemente, spingendo i confini dell’immaginazione e delle possibilità, oltre che dei limiti umani. Ciò che un tempo poteva sembrare unicamente frutto della fantasia narrativa si sta ora trasformando in una reale prospettiva scientifica. E potrebbe diventare possibile riportare in vita i morti.
- Riportare in vita i morti, compagnia Usa lancia progetto di ricerca
- Cosa succede dopo la morte? Cosa hanno raccontato i “resuscitati”
- L'intelligenza artificiale può resuscitare i morti: ecco come
La società americana Bioquark, composta da un gruppo di scienziati determinati a sfidare le convenzioni, ha scelto di adottare questo obiettivo audace come sua missione: riportare in vita i morti.
Tutto questo potrebbe sembrare tratto dalle pagine di un qualche racconto di fantascienza, ma è una possibilità concreta che sta catturando la curiosità (e in molti casi l’attenzione) degli studiosi di tutto il mondo. Questa squadra di pionieri ha messo in discussione i dogmi consolidati e sta perseguendo la strada per risvegliare coloro che sono clinicamente deceduti. Anzi, la loro missione ha ricevuto addirittura il via libera dal governo degli Stati Uniti. Ma come si possono riportare in vita i morti? È davvero possibile?
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Riportare in vita i morti, compagnia Usa lancia progetto di ricerca
A partire dal 2016, la società pionieristica biotech Bioquark ha ottenuto dal governo statunitense il permesso di lanciare il suo ambizioso progetto di ricerca che potrebbe rivoluzionare il nostro concetto stesso di morte. Attraverso una concessione speciale ottenuta dalle famiglie coinvolte, Bioquark ha reclutato un gruppo di 20 pazienti clinicamente morti a causa di lesioni cerebrali traumatiche.
Questo audace passo avanti ha acceso una luce di speranza in un territorio una volta considerato inaccessibile: il risveglio da una morte apparentemente ineluttabile. I ricercatori stanno sfruttando una combinazione unica di terapie innovative, che includono la rigenerazione del tessuto cerebrale e l’uso di cellule staminali.
Gli esperimenti condotti dalla Bioquark si basano su un approccio multidisciplinare, in cui la stimolazione neuronale e l’iniezione di peptidi giocano un ruolo fondamentale. I defunti partecipanti al progetto sono sottoposti a un costante monitoraggio tramite avanzati screening cerebrali, alla ricerca di segnali di quel misterioso fenomeno noto come “rigenerazione“. L’obiettivo è quello di aprire una nuova frontiera nell’ambito della ricerca medica, muovendosi verso la comprensione profonda della natura della vita e della morte.
Tuttavia, l’interrogativo più intrigante è: qual è il futuro di questi individui riportati in vita, se l’esperimento avrà successo? In un’esplorazione audace del possibile, se i risultati dovessero sorprendere positivamente, le menti degli individui “rinati” potrebbero trovarsi in una situazione unica. Ricominceranno le loro vite da zero, in una sorta di rinascita mentale, avviando una nuova esistenza con un’identità completamente diversa dalla precedente. Questo rappresenta senza dubbio un concetto che getta luce su domande filosofiche e scientifiche profonde, spingendo a riflettere su cosa significhi essere veramente “vivi”.
Oltre alle implicazioni sconcertanti e affascinanti di questa ricerca, i risultati del progetto Bioquark promettono di rivelare informazioni di inestimabile valore sulla morte cerebrale. Questo nuovo bagaglio di conoscenze potrebbe gettare le basi per terapie innovative, aprendo strade verso trattamenti più efficaci per condizioni come il coma, lo stato vegetativo e le malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer.
Cosa succede dopo la morte? Cosa hanno raccontato i “resuscitati”
Tra le più grandi incognite dell’esistenza umana, la domanda su cosa accada dopo la morte continua a intrigare e affascinare. A gettare luce su questa oscura prospettiva sono persone che hanno avuto l’opportunità di essere “resuscitate“, ossia sottoposte a procedimenti di rianimazione cardio-polmonare (RCP) in seguito a un arresto cardiaco.
Il dottor Sam Parnia, insieme a un team di ricercatori presso la New York University (NYU), ha condotto uno studio rivoluzionario che si è concentrato sull’attività cerebrale durante e dopo la fase di rianimazione. Attraverso l’uso dell’elettroencefalogramma, gli esperti hanno rilevato picchi di attività cerebrale nei pazienti interessati, aprendo una finestra su ciò che accade nel momento in cui il cuore smette di battere e le cellule cerebrali muoiono.
In quei momenti cruciali, che possono estendersi per minuti, ore o persino giorni, in cui il cuore cessa di funzionare e le cellule cerebrali affrontano l’inevitabile declino, le funzioni cerebrali continuano a operare in modi sorprendenti. In effetti, si è scoperto che tali attività potrebbero addirittura intensificarsi, dando luogo a un’esperienza umana unica.
Un dato significativo è emerso dall’analisi: uno su cinque sopravvissuti all’RCP ha riferito di aver vissuto ciò che è stato definito come “morte lucida“. In questo stato, l’individuo in uno stato di morte apparente può percepire, pensare, vedere e persino provare emozioni in modo consapevole.
Secondo il dottor Parnia, durante la preparazione alla morte, il cervello rilascia i suoi freni inibitori, concedendo un accesso inedito alle profondità inesplorate della coscienza. Questo potrebbe spiegare esperienze in cui persone riportano la rievocazione di ricordi d’infanzia, la visione di immagini con gli occhi chiusi e la percezione di realtà altrimenti inaccessibili.
Una serie di testimonianze affascinanti emerge da coloro che hanno attraversato questa esperienza al confine della vita. Molti di loro raccontano di una “luce calda e rassicurante“, mentre altri affermano di aver vissuto in prima persona sia la gioia che il dolore che hanno inflitto agli altri.
Un punto comune in queste narrazioni è la sensazione di aver sperimentato un distacco dal proprio corpo, con la capacità di osservarlo dall’alto, come se si fosse in uno stato di levitazione. E ancora, un’esperienza condivisa da molti è la visione della propria vita svolgersi davanti agli occhi, come un film, prima di riaprire gli occhi per “ricominciare a vivere“.
L’intelligenza artificiale può resuscitare i morti: ecco come
Negli anni più recenti, l’evoluzione tecnologica ha aperto porte inaspettate anche nel regno della vita oltre la morte. L’impiego della tecnologia per “resuscitare” le personalità defunte, soprattutto di celebrità, ha acquisito una risonanza notevole. Un esempio emblematico è stato il ritorno digitale di Carrie Fisher, che è stata magistralmente renderizzata per reinterpretare il suo iconico ruolo di Principessa Leia nell’ultimo capitolo di “Star Wars“. Questi tentativi sembrano, tuttavia, solo il preludio di qualcosa di molto più straordinario.
La rivoluzione sta prendendo forma e un segno tangibile di questo cambiamento è giunto all’inizio di quest’anno da Microsoft. L’azienda ha annunciato di aver ottenuto un brevetto per un software che ha il potenziale di rievocare le persone in una forma del tutto inedita: sotto forma di chatbot.
Questo rivoluzionario software consentirà agli utenti di dialogare con simulazioni 3D di cari defunti, aprendo un nuovo e ampio campo di applicazione dell’Intelligenza Artificiale nella rianimazione dei morti. Con questa tecnologia, è possibile avere conversazioni con rappresentazioni digitali delle persone scomparse, offrendo un modo inedito di connettersi emotivamente attraverso l’etere digitale.
Oltre a queste evoluzioni, esistono già in rete alcuni siti che si sono proposti di riportare i morti “in vita” tramite l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Questi portali consentono agli eredi di creare animazioni fotografiche basate su immagini e ricordi, dando vita a una sorta di versione digitale delle persone care che non sono più tra noi. Questa iniziativa fornisce una nuova prospettiva, offrendo un’opportunità di stabilire connessioni emotive brevi ma intense, con una rappresentazione simulata di un caro scomparso.
L’uso dell’Intelligenza Artificiale per dare nuova vita digitale ai defunti presenta un’interessante fusione tra tecnologia, emozione e filosofia. Questo nuovo panorama tecnologico solleva domande profonde e sfide etiche, spingendo la società a riflettere su cosa significhi essere umano, vivente e, ora, digitalmente perpetuato.
Resta un dato di fatto: mentre la ricerca avanza verso nuove frontiere, si aprono nuovi scenari che un tempo erano limitati alla fantascienza, ridefinendo il nostro rapporto con la vita, la morte e l’intersezione tra esseri umani e macchine.