La Terra non sarà più abitabile per colpa dei peti: ecco quando

Il clima è in pericolo per colpa dei peti? Tra 200 anni il nostro pianeta potrebbe diventare completamente inabitale. Scopri perché.

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Nel panorama delle minacce che spaventano il nostro pianeta, si fa strada una nuova e insolita causa, alla quale di solito non pensiamo e che proietta l’intera Terra verso un futuro inquietante. Tutti sappiamo che la Terra rischia trasformarsi in un inferno inabitabile tra soli 200 anni a causa del riscaldamento globale. Sorprendentemente, parte della colpa sembra ricadere sulle persone più anziane, le quali, attraverso rutti e peti, rilasciano una quantità significativa di gas serra, contribuendo così al cambiamento climatico. Se vi sembra una teoria assurda, sappiate che poi non lo è così tanto: andiamo ad esplorare i dettagli di questa scoperta straordinaria e le implicazioni che essa potrebbe avere per il futuro della nostra casa comune.

Riscaldamento globale: la colpa è anche dei peti degli anziani?

Il riscaldamento globale non lo scopriamo oggi. È da decenni al centro delle preoccupazioni di chi è più sensibile all’ambiente, ma fatica ad imporsi come un problema di primo piano nelle agende politiche di tutto il globo.

Fin qui nulla di strano, se non fosse che una nuova ricerca ha svelato un aspetto inaspettato del problema: in questa crisi gli anziani potrebbero avere un ruolo più significativo di quanto immaginato.

Secondo uno studio condotto dal dottor Nicholas Cowan dell’UK Centre for Ecology and Hydrology, le persone di età superiore ai 30 anni sono responsabili di una quota considerevole delle emissioni di metano e protossido di azoto, gas a effetto serra particolarmente dannosi. Ciò avviene principalmente attraverso rutti e scoregge, che rilasciano nell’atmosfera una quantità significativa di questi gas contribuendo, così, al riscaldamento globale.

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Il “flatus ionico” responsabile dell’effetto serra?

L’UK Centre for Ecology and Hydrology ha identificato il fenomeno del “flatus ionico“, una particolare forma di emissione di gas causata proprio dai rutti e dai peti degli anziani. Questo gas, contenente metano, si somma alle emissioni provenienti da altre fonti e contribuisce a modo suo al progressivo surriscaldamento del pianeta.

La scoperta solleva nuove domande sulle modalità attraverso cui le emissioni umane incidono sul cambiamento climatico e la necessità di adottare misure preventive urgenti. Perché, ad esempio, tutti sappiamo che le emissioni del letame dagli allevamenti animali è fortemente inquinante. Raramente, però, pensiamo ai rifiuti e alle emissioni che produce invece il nostro, di corpo.

L’attenzione di stampa e media è infatti spesso concentrata sulle emissioni provenienti dalle attività industriali, ma è cruciale comprendere il ruolo che le emissioni biologiche possono avere nel contesto del riscaldamento globale. Anche se si tratta di un argomento che fa sorridere.

Le implicazioni di questa consapevolezza sono rilevanti e richiedono un approccio serio da parte della comunità scientifica e delle istituzioni globali. Mentre gli sforzi per ridurre le emissioni da fonti industriali sono essenziali, è altrettanto importante comprendere e mitigare l’impatto delle emissioni sulla nostra atmosfera.

Ne deriva che dovremo adottare una nuova dieta, magari in grado di farci produrre meno aria, rutti e flatulenze? Un’alimentazione gas-free? Sembra una sciocchezza, ma potrebbe essere un modo per andare incontro alla soluzione.

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