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Chat GPT sta già cambiando il nostro modo di parlare: le nuove parole che usi quotidianamente e che sono un problema

L'Intelligenza Artificiale sta riscrivendo il nostro modo di parlare. Scopri come, perché e il motivo per cui rappresenta un problema.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Ormai da alcuni anni, l’intelligenza artificiale sta avendo un impatto crescente sulla nostra vita quotidiana. Non solo ha trasformato il modo in cui ci approcciamo al lavoro, ma anche quello in cui noi esseri umani apprendiamo e comunichiamo. Tra i vari effetti di questa tecnologia, uno dei più sottili ma pervasivi è l’influenza che ChatGPT esercita sul nostro vocabolario. Nel linguaggio comune sono comparsi nuovi termini e modi di dire che arrivano direttamente dall’AI, in un’evoluzione che rischia di plasmare il nostro pensiero e la nostra percezione della realtà in una maniera del tutto inedita. Ma in che modo l’AI sta alterando il nostro linguaggio?

L’intelligenza artificiale è diventata una “insegnante di linguaggio”?

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Secondo Iyad Rahwan, professore al Max Planck Institute e tra i massimi esperti dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società, ci troviamo davanti a un fenomeno inedito.

Abbiamo creato una macchina che può parlare, che ha imparato a farlo da noi, dalla nostra cultura. E ora impariamo dalla macchina”, ha spiegato Rahwan in un’intervista per il quotidiano spagnolo El Pais.

Rahwan e il suo team hanno infatti condotto uno studio volto a misurare l’impatto questo cambiamento. I ricercatori hanno raccolto e analizzato circa 300.000 video di conferenze accademiche per verificare se, e in che modo, il vocabolario umano sia stato influenzato dall’intelligenza artificiale.

Il risultato? Da quando ChatGPT è stato reso disponibile, alcuni termini specifici – come “delves” (scava in profondità), “showcasing” (mettere in mostra), “underscores” (sottolinea), e “pivotale” (fondamentale) – sono diventati sempre più comuni nei testi accademici, nei saggi degli studenti e persino nei libri scolastici. Mai prima d’ora un linguaggio generato da una macchina aveva influenzato in modo così diretto l’uso quotidiano delle parole.

L’intelligenza artificiale ha il potere di influenzare il nostro modo di pensare?

Ricordiamoci di un dettaglio: il linguaggio non è neutro: le parole danno forma ai pensieri.

Secondo i ricercatori, un certo vocabolario potrebbe influenzare il modo in cui guardiamo il mondo, raccontiamo un evento o descriviamo gruppi di persone.

Se le parole generate dall’intelligenza artificiale e da strumenti come ChatGPT diventano parte della comunicazione quotidiana, c’è il rischio di andare verso una certa uniformità di pensiero: la narrazione potrebbe diventare più rigida, meno aperta a interpretazioni diverse. In poche parole, si abbatte l’unicità del pensiero umano.

Se le nuove parole che entrano nel nostro linguaggio provengono da un’intelligenza artificiale, rischiamo di assorbire una visione limitata e omogenea della realtà. Il motivo è molto semplice: non stiamo imparando dalla nostra osservazione del mondo, ma da un sistema che è stato progettato per generare risposte basate su dati predefiniti, piuttosto che su esperienze dirette o su una conoscenza diretta della realtà.

Come si convive con questo nuovo rischio portato dall’intelligenza artificiale?

I rischi sono tantissimi. Ma il problema principale è che dobbiamo imparare a conviverci. L’influenza dell’intelligenza artificiale sul nostro vocabolario non è destinata a scomparire, ma può essere gestita con maggiore consapevolezza. Sapere che le parole utilizzate da strumenti come ChatGPT non sono neutre, ma portano con sé delle visioni specifiche del mondo, ci permette di riflettere più attentamente su come scegliamo di esprimerci.

Essere consapevoli dell’origine di certi termini e della loro frequenza d’uso può aiutarci a evitare di cadere in una comunicazione monolitica e standardizzata, preservando un linguaggio che sia il più autentico e personale possibile. L’utilizzo critico della tecnologia va in questo senso: tornare a leggere, a confrontarsi, a parlare in pubblico rappresenta la strada principale per non farci assorbire dai nuovi rischi.

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