Durante le prime ore di questa mattina, alle 5:00 circa, un terremoto di magnitudo 4.1 è stato registrato nel Tirreno meridionale, con epicentro a una profondità di appena 1,2 km nelle acque antistanti Trapani. Il sisma, secondo quanto è stato rilevato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), è stato avvertito distintamente in diverse località della Sicilia occidentale, tra cui Trapani, Marsala, Mazara del Vallo e nelle isole Egadi, destando una certa preoccupazione tra la popolazione locale. Sebbene non siano stati segnalati danni significativi, la scossa ha riacceso l’attenzione sul Vulcano Marsili, l’imponente vulcano sommerso situato nel cuore del Tirreno, noto per la sua potenziale capacità di generare eventi sismici o addirittura devastanti tsunami. Ma è vero che un’eventuale eruzione o un cedimento strutturale di questo vulcano potrebbe mettere a rischio le coste della Sicilia, della Calabria e della Campania?
- Vulcano Marsili. È davvero così pericoloso?
- Il vulcano Marsili si sta risvegliando?
- Cosa succede se si sveglia il vulcano Marsili? Rischio tsunami per Sicilia, Calabria e Campania
Vulcano Marsili. È davvero così pericoloso?
Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Il Vulcano Marsili si trova nelle profondità del Tirreno meridionale. Non gode della stessa notorietà di giganti come il Vesuvio o l’Etna, eppure la sua minaccia potenziale è tutt’altro che trascurabile.
A differenza del Vesuvio, silente da ormai da ottant’anni, o dell’Etna, la cui attività eruttiva è piuttosto costante, il Marsili rimane nell’ombra, nascosto sotto la superficie del mare, ma c’è chi avverte sul fatto che una sua eruzione potrebbe arrivare addirittura a scatenare conseguenze devastanti.
C’è chi dice che, se questo vulcano sommerso dovesse risvegliarsi con violenza, quello che si potrebbe innescare sarebbe uno tsunami capace di colpire tre regioni del sud Italia: Sicilia, Calabria e Campania. Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, con danni ingenti e un bilancio di vittime difficile da stimare.
Con dimensioni impressionanti che lo rendono il più grande vulcano sottomarino d’Europa, il Marsili si estende per 70 chilometri di lunghezza e 30 di larghezza, innalzandosi dal fondale per oltre 3.000 metri. Si trova a circa 140 km dalla Sicilia e circa 150 km dalla Calabria, in una posizione che lo rende molto vicino a entrambe le coste.
Nonostante le dimensioni titaniche, il vulcano Marsili rimane per lo più sconosciuto al grande pubblico, anche se il suo nome viene fuori in occasione di alcuni eventi sismici che si verificano nell’area.
Sebbene il Marsili sia oggetto di monitoraggio continuo da parte dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e del CNR, che dal 2010 ne studia le attività tramite una nave oceanografica, il fatto che sia un vulcano sommerso e l’incertezza sulle sue possibili dinamiche eruttive eruttiva rendono difficile prevedere con precisione il rischio. I dati raccolti finora suggeriscono che la struttura del vulcano è instabile. Tuttavia, senza segni evidenti di un’imminente attività, la vera portata del pericolo rimane un’incognita.
Ma possiamo dire che il Marsili rappresenti una minaccia latente per il sud Italia, un gigante dormiente le cui sorti sono strettamente legate all’attività sismica del Mediterraneo?
Il vulcano Marsili si sta risvegliando?
Il Marsili, nonostante la sua maestosità sommersa, continua a destare domande sulla sua attività. Se dovesse eruttare, la lava potrebbe accumularsi e far crescere progressivamente il vulcano, portandolo potenzialmente a emergere dalle acque del Tirreno fino a creare una nuova isola vulcanica.
Secondo i vulcanologi, il Marsili è uno stratovulcano capace di eruzioni sia esplosive sia effusive, con queste ultime che sono caratterizzate da colate laviche fluide.
Scoperto nei primi anni del 1900, è stato studiato a fondo solo da poco più di dieci anni, tanto che ancora emergono nuove scoperte che rivelano la sua lunga storia di attività. Fino a poco tempo fa, si riteneva che il vulcano fosse inattivo da circa 100.000 anni, ma alcune esplorazioni condotte nel 2006 hanno ribaltato questa convinzione. L’analisi dei sedimenti ha evidenziato tracce di due eruzioni relativamente recenti, avvenute tra 5000 e 3000 anni fa. Questo colloca il Marsili nella categoria dei vulcani quiescenti, cioè non estinti, ma in uno stato di dormienza, con la possibilità di tornare a eruttare in futuro.
Nonostante i timori, dunque, non ci sono segnali evidenti che indichino un’imminente eruzione del Marsili. Gli scienziati hanno osservato un’attività idrotermale attiva nella zona, ma le recenti eruzioni, risalenti a millenni fa, sono state perlopiù poco esplosive.
Ciò non toglie che il vulcano mantenga una potenziale pericolosità. La sua natura quiescente, infatti, non è sinonimo di sicurezza; l’assenza di eruzioni violente negli ultimi tempi non garantisce che non possa riprendere vigore, soprattutto in un contesto di attività sismica come quello del Mediterraneo.
Anzi: la quiescenza del Marsili non deve far dimenticare il suo potenziale distruttivo. Gli esperti sottolineano che una sua eventuale eruzione potrebbe scatenare una serie di eventi disastrosi per buona parte del sud Italia. Oltre alla fuoriuscita di lava e gas tossici, vi è la possibilità che si formino nubi ardenti e che, in scenari peggiori, il crollo del vulcano inneschi uno tsunami. Le coste di Campania, Calabria e Sicilia sarebbero le più esposte, con conseguenze che potrebbero essere catastrofiche per le comunità costiere.
Cosa succede se si sveglia il vulcano Marsili? Rischio tsunami per Sicilia, Calabria e Campania
Gli approfondimenti scientifici sul Marsili, sono, secondo molti esperti, “scientificamente importante e socialmente doverosi”, al fine sviluppare una conoscenza più approfondita del vulcano, per poter prevenire possibili disastri.
Sebbene l’ipotesi di uno tsunami generato dal Marsili sia alquanto remota, il rischio non è completamente da escludere. La struttura del vulcano, con le sue pareti sottili e instabili, rende possibile un collasso in caso di una forte eruzione esplosiva. Un fenomeno simile è accaduto nel 2018 con il vulcano Krakatoa, che causò uno tsunami devastante in Indonesia. Anche nella baia di Lituya, nel 1958, un crollo vulcanico generò uno tsunami di proporzioni colossali. Nel caso del Marsili, se un’eruzione esplosiva dovesse far collassare una parte del vulcano, le coste della Sicilia, Calabria e Campania potrebbero essere seriamente minacciate.
Tuttavia, gli scienziati ritengono che sia estremamente improbabile che un forte evento sismico possa innescare il collasso del Marsili.
Sebbene il Mar Tirreno sia una zona attiva dal punto di vista sismico, la maggior parte dei terremoti registrati in quest’area avviene a profondità considerevoli, riducendo la possibilità che scuotano il vulcano in modo così violento da provocarne il crollo. Inoltre, non ci sono evidenze geologiche di antichi tsunami causati da eruzioni esplosive o frane vulcaniche nella zona del Marsili, ulteriore motivo per cui molti esperti ritengono che un’eruzione sottomarina potrebbe generare soltanto fenomeni come il ribollire dell’acqua e la dispersione di materiale vulcanico sulla superficie marina.