In un mondo in cui le immagini spettacolari di eruzioni vulcaniche e disastri naturali sono spesso all’ordine del giorno nei telegiornali e in giro sui social, in tanti si immaginano che il supervulcano più pericoloso al mondo sia nascosto da qualche parte, perso tra le remote terre di un qualche paese esotico. Tuttavia, la realtà è più sorprendente di quanto si possa pensare. Contrariamente alle aspettative comuni, il supervulcano più minaccioso del globo non risiede in qualche luogo lontano, bensì nelle pittoresche terre della nostra Italia.
- Una visione inedita del sottosuolo
- Implicazioni per la Sicurezza Pubblica
- Il supervulcano più pericoloso al mondo è in Italia: i Campi Flegrei
- Campi Flegrei: i risvegli inquietanti del supervulcano
- Prepararsi al peggio e prevenire i danni di una possibile eruzione
- Perché i Campi Flegrei sono così attivi?
- La divisione in zone dei Campi Flegrei
- Gli altri supervulcani pericolosi
- Marsili, l'altro supervulcano pericoloso
Un’epica scoperta nell’ambito della geofisica potrebbe rivoluzionare il nostro modo di monitorare l’attività vulcanica e sismica della regione dei Campi Flegrei. Grazie a una tecnica innovativa di “tomografia sismica”, i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dell’Università di Milano Bicocca hanno gettato una nuova luce sulla struttura interna della Caldera dei Campi Flegrei, aprendo la strada a una sorveglianza più accurata e predittiva di questo vulcano attivo. Mentre il Vesuvio e il vulcano Marsili attirano giustamente l’attenzione per la loro storia e la paura di una imminente pericolosità, è il gigante dei Campi Flegrei ad offrirci una lezione inaspettata sull’inarrestabile potere della natura e sui rischi che essa comporta. Ma perché i Campi Flegrei rappresentano una minaccia così grave che supera la fama dei vicini più noti e solleva interrogativi cruciali sulla preparazione e la gestione del rischio in un paese noto per la sua bellezza ma anche per la sua vulnerabilità geologica?
Una visione inedita del sottosuolo
L’utilizzo della tomografia sismica ha rappresentato una svolta epocale nel campo della geofisica. Grazie a questa tecnica avanzata, i ricercatori sono stati in grado di scrutare le profondità della Caldera dei Campi Flegrei come mai prima d’ora. Attraverso uno studio pubblicato sulla rinomata rivista Earth and Planetary Science Letters, il team ha tracciato i movimenti del magma fino a una profondità di sei chilometri, fornendo una visione senza precedenti dell’evoluzione della caldera nel corso degli ultimi 40 anni.
Ciò che rende questo studio davvero rivoluzionario è l’introduzione di un “approccio probabilistico non lineare”, consentendo una tomografia sismica in 4D. Questo significa non solo mappare le tre dimensioni dello spazio, ma anche il fattore tempo. Tale metodologia ha permesso ai ricercatori di analizzare con precisione i cambiamenti avvenuti all’interno della caldera nel corso del tempo, aprendo la strada a una nuova era nella sorveglianza vulcanica. Uno degli aspetti più significativi dello studio è stato il confronto tra la crisi bradisismica del 1982-1984 e l’attuale fase di sollevamento iniziata nel 2005. I risultati hanno rivelato somiglianze sorprendenti tra i due cicli, sottolineando l’importanza degli episodi di risalita e accumulo di gas magmatici e magma nelle profondità della caldera.
Implicazioni per la Sicurezza Pubblica
Questo approccio innovativo potrebbe avere implicazioni cruciali per la sicurezza pubblica. La capacità di monitorare l’evoluzione del sistema vulcanico dei Campi Flegrei nel tempo potrebbe consentire una previsione più accurata dei rischi per la popolazione. I ricercatori stanno già lavorando per estendere il loro modello agli anni successivi al 2022, nell’ottica di garantire una sorveglianza continua e preventiva dell’area. La recente attività sismica nell’area dei Campi Flegrei ha messo in allarme gli esperti. Il terremoto dello scorso settembre, il più potente degli ultimi 40 anni, ha sollevato preoccupazioni sulla stabilità del vulcano. Il direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, Mauro De Vito, ha sottolineato l’incremento del sollevamento del suolo nella caldera, sottolineando la necessità di una sorveglianza costante e accurata.
Il supervulcano più pericoloso al mondo è in Italia: i Campi Flegrei
Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Ovvero da dove ci troviamo. La regione dei Campi Flegrei è incastonata nell’area metropolitana di Napoli, ed è da secoli teatro di uno spettacolo geologico tiene gli scienziati di tutte le epoche con il fiato sospeso. Qui, si trova uno dei supervulcani più minacciosi del mondo, un complesso vulcanico noto per la sua instabilità e la sua attività sismica incessante.
Composto da 24 crateri, alcuni dei quali parzialmente sommersi sotto le placide acque della baia di Pozzuoli, questo vasto sistema vulcanico è diventato oggetto di osservazione costante a causa dei segnali inquietanti che ha emesso negli ultimi anni.
I Campi Flegrei, infatti, non sono un singolo vulcano, ma un’ampia area vulcanica di circa 150 km² che comprende diversi crateri e caldere. Sotto questa caldera si nasconde un enorme serbatoio di magma, che alimenta l’attività vulcanica della zona.
Campi Flegrei: i risvegli inquietanti del supervulcano
Dal 1950 ad oggi, sono quattro gli episodi di risveglio che hanno scosso la regione, accompagnati da un aumento dell’attività sismica e una serie frequente di terremoti che hanno indebolito la depressione nella parte superiore della caldera.
Il 2023 si è rivelato un anno particolarmente significativo in tal senso, segnato da oltre 3.000 scosse sismiche registrate, di cui 65 di magnitudo superiore a 2.0. Il terremoto più potente è stato un evento di magnitudo 4.2, avvenuto nel settembre 2023, che ha colpito il sud di Napoli, aggiungendo ulteriori preoccupazioni per la popolazione locale e per gli scienziati che monitorano da vicino la situazione.
Oltre all’attività sismica, i segnali di allerta provengono anche dalla deformazione del suolo e dal fenomeno del bradisismo, con la caldera che si solleva considerevolmente di anno in anno. Il bradisismo è causato dal movimento del magma sotto la superficie. L’attuale fase di bradisismo iniziata nel 2005 ha provocato un innalzamento del suolo di circa 40 cm.
Questi indicatori non possono essere ignorati e hanno spinto gli osservatore a fare dei Campi Flegrei uno dei siti vulcanici più monitorati al mondo. Gli scienziati scrutano attentamente vari parametri, tra cui il campo gravitazionale, le emissioni di gas e le vibrazioni, nella speranza di comprendere meglio la natura dei pericoli che si celano sotto la superficie di questo pericoloso gigante.
Prepararsi al peggio e prevenire i danni di una possibile eruzione
Nonostante la probabilità di un’eruzione vulcanica nei Campi Flegrei nell’immediato o nel prossimo futuro sia abbastanza bassa, gli scienziati rimangono unanimi nel sottolineare l’inevitabilità di un nuovo evento eruttivo, prima o poi.
Mentre alcuni ritengono che potrebbero verificarsi eruzioni di piccola scala nel breve termine, altri esperti mettono in evidenza la possibilità che il fenomeno possa essere anche più grande.
Tuttavia, gli esperti avvertono che le conseguenze di un’eruzione dei Campi Flegrei potrebbero essere catastrofiche e in grado di mettere a rischio la vita di oltre 2 milioni di persone che risiedono nella regione. Il fenomeno, quando avverrà, avrà degli impatti ambientali su vasta scala. La cenere e i gas tossici rilasciati potrebbero minacciare le colture e l’ambiente circostante, compresi i trasporti terrestri e il traffico aereo, ma il disastro potrebbe essere ancora maggiore.
Ad ogni modo, sebbene attualmente non siano evidenti segni di un’imminente eruzione, i Campi Flegrei restano una minaccia seria e costante che richiede un monitoraggio attento e una preparazione adeguata da parte delle autorità e della popolazione locale. Solo attraverso la continua vigilanza e la programmazione anticipata sarà possibile mitigare il potenziale impatto di un evento vulcanico, salvaguardando così vite umane e risorse ambientali preziose.
Nonostante i pericoli, infatti, non esiste attualmente un piano di evacuazione completo per la popolazione che vive all’interno della caldera dei Campi Flegrei, ma solo una serie di linee guida. Inutile dire che questo dettaglio rappresenta un problema critico in caso di un’eruzione imminente.
Perché i Campi Flegrei sono così attivi?
Fin dai tempi antichi quest’area è nota per la sua vivace attività vulcanica. Inoltre, nelle ultime settimane ci sono evidenti segnali sismici. Se dovesse verificarsi un sisma dalla grande intensità, sarebbero esposti a rischio circa 500mila abitanti della zona rossa e 840mila della zona gialla.
In effetti, il sistema vulcanico dell’area flegrea è caratterizzato da una grande complessità, sia perché si tratta di una Caldera caratterizzata dalla compresenza di numerosi crateri, sia per l’incertezza sull’esatta ubicazione della bocca eruttiva.
L’ultima eruzione di Monte Nuovo risale al 1538, quasi 500 anni fa, il che rende i cittadini piuttosto insensibili la verificarsi di un’altra eruzione vulcanica.
Sui segnali e il rischio di una eventuale eruzione ai Campi Flegrei è intervenuta la dott.ssa Lucia Pappalardo, vulcanologa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia presso l’Osservatorio Vesuviano, che a Radio Cusano ha spiegato la crisi bradisismica in corso: “Qui i terremoti non sono di magnitudo elevatissima però sono superficiali, per questo poi vengono avvertiti in maniera chiara abbracciando un’ampia area. La magnitudo più alta finora è stata quella di 4.2. La percezione dei terremoti però è sempre più o meno la stessa perché sono scosse superficiali. Vengono avvertite molto bene perciò la gente, giustamente, si spaventa. Si può stare tranquilli nel senso che fino a questo momento tutti i parametri che monitoriamo non ci indicano che potrebbe esserci un’eruzione imminente. Bisogna però sempre ricordare che questo è un vulcano attivo e anche se la terra cominciasse a scendere rimarrebbe sempre pericoloso”.
La divisione in zone dei Campi Flegrei
La Protezione Civile ha diviso l’area dei Campi Flegrei in due zone.
La zona rossa è l’area per cui l’evacuazione preventiva è, in caso di “allarme”, l’unica misura di salvaguardia per la popolazione. È infatti esposta al pericolo di invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più pericoloso per le persone. Sono ricompresi in zona rossa i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto; parte dei Comuni di Giugliano in Campania e di Marano di Napoli; alcuni quartieri di Napoli: Soccavo, Pianura, Bagnoli, Fuorigrotta e parte dei quartieri di San Ferdinando, Posillipo, Chiaia, Arenella, Vomero, Chiaiano e Montecalvario. Nell’area vivono circa 500mila abitanti.
La zona gialla è l’area, che in caso di eruzione è esposta alla significativa ricaduta di ceneri vulcaniche. Per quest’area potrebbero essere necessari allontanamenti temporanei della popolazione che risiede in edifici resi vulnerabili o difficilmente accessibili dall’accumulo di ceneri Nella zona gialla ricadono i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore e 24 quartieri del Comune di Napoli: Arenella, Avvocata, Barra, Chiaia, Chiaiano, Mercato, Miano, Montecalvario, Pendino, Piscinola, Poggioreale, Porto, San Carlo all’Arena, San Ferdinando, San Giovanni a Teduccio, San Giuseppe, San Lorenzo, San Pietro a Patierno, Scampia, Secondigliano, Stella, Vicaria, Vomero e Zona Industriale. Nell’area vivono oltre 800mila abitanti.
Gli altri supervulcani pericolosi
Negli Stati Uniti si trova uno dei più famosi supervulcani al mondo, la Yellowstone Caldera, situata nello stato del Wyoming. Questo supervulcano ha un potenziale esplosivo tra i più alti, e la sua ultima eruzione risale a 700.000 anni fa. Se dovesse eruttare di nuovo, decine di migliaia di persone verrebbero uccise all’istante, mentre milioni di altre sarebbero colpite dagli effetti dell’eruzione. La cenere e i gas espulsi raggiungerebbero l’Europa, creando una nube di smog densa e oscura.
Sempre negli Stati Uniti, precisamente in California, si trova un altro supervulcano molto pericoloso: la Long Valley Caldera. Con un’enorme quantità di magma sotto la superficie, potrebbe generare un’eruzione di proporzioni paragonabili a quella avvenuta 767.000 anni fa, rilasciando nell’atmosfera oltre 140 miglia cubiche di materiale. La sua vicinanza a centri urbani popolati la rende una minaccia significativa.
Spostandoci invece in Indonesia, troviamo uno dei supervulcani più grandi della Terra, il Lago Toba. La sua ultima eruzione, avvenuta circa 74.000 anni fa, ha avuto un impatto globale, con un crollo delle temperature per dieci anni e copiosi depositi di cenere su vaste aree. Oggi, l’isola nel mezzo del lago si sta sollevando, suggerendo l’accumulo di magma sottostante e l’imminenza di potenziali eventi catastrofici.
Oltre a questi, ci sono molti altri supervulcani sparsi in diverse parti del mondo, ciascuno con il proprio potenziale distruttivo. Il rischio che uno di questi supervulcani entri in eruzione in futuro è difficile da prevedere con certezza, ma la loro presenza è una costante minaccia per l’esistenza dell’umanità.
Marsili, l’altro supervulcano pericoloso
Si chiama Marsili ed è un vulcano sottomarino che si trova nel Mar Tirreno. È tutto italiano, quindi, ed è il più esteso d’Europa. Ma è pericoloso in caso di eruzione? Il Marsili è un vulcano lungo circa 70 km e largo 30. È situato come detto nel Mar Tirreno, più precisamente a circa 80 km a nord-ovest da Stromboli. La cima è a circa 500 metri di profondità e nel suo complesso è alto più o meno 3 km.
Si sa poco di questo vulcano che è stato scoperto un centinaio di anni fa. Le ultime ricerche lo considerano attivo, con le ultime eruzioni che risalgono a un periodo tra i 7000 e i 3000 anni fa. A giudicare dai dati disponibili le passate eruzioni sono state caratterizzate da un basso indice di esplosività.
Tra gli studi più recenti c’è quello del 2021 pubblicato sulla rivista scientifica Bulletin of Volcanology. Esso suggerisce che il rischio vulcanico di un’eventuale eruzione del Marsili non è così alto come si pensa. Anche l’INGV fa sapere: “In caso di eruzione sottomarina a profondità di 500-1000 metri sul Marsili, l’unico segno in superficie sarebbe l’acqua che bolle legata al degassamento e galleggiamento di materiale vulcanico (pomici) che rimarrebbe in sospensione per alcune settimane. Il rischio associato a possibili eruzioni sottomarine è quindi estremamente basso, e un’eruzione a profondità maggiore di 500 metri comporterebbe probabilmente soltanto una deviazione temporanea delle rotte navali”.
A destare preoccupazione non sarebbe tanto l’eruzione, quanto l’eventuale innesco di una frana sottomarina che comunque, va detto, non comporterebbe per forza uno tsnumani. Nella peggiore delle ipotesi, se lo tsunami dovesse mai verificarsi potrebbe infrangersi sulle coste di Campania, Basilicata e Calabria nel giro di 20-30 min dal momento dell’innesco con onde dai 5 ai 20 metri d’altezza. Ma questo, come detto, è lo scenario peggiore che si può immaginare. Restando nel campo di ipotesi più verosimili invece si avrebbero onde di massimo 3-4 metri in Campania meridionale, 2-3 metri in Calabria e Sicilia, e 0,5-1 metro in Sardegna.