Il ragioniere Ugo Fantozzi è un personaggio letterario, televisivo e cinematografico interpretato dallo scrittore e attore Paolo Villaggio, il quale si è spento questa notte. Egli è anche l’ideatore del personaggio stesso e lo scrittore delle sue avventure su carta. Le pellicole che vedono Fantozzi come protagonista sono varie.
La prima risale al 1975 e reca il titolo proprio di “Fantozzi”. Capostipite della fortunata saga, il film racconta le avventure di Ugo Fantozzi, impiegato della “Megaditta”. Si tratta di un uomo ignorato dai suoi colleghi e servile con i suoi superiori. Umile e incredibilmente sfortunato, Fantozzi è seguito dalle proprie disavventure anche a casa, dove vive con la moglie Pina e la figlia Mariangela.
Le frasi indimenticabili
Il film a cui ci riferiamo ci ha regalato alcune perle che sono rimaste da allora impresse negli annales delle frasi memorabili del cinema italiano. Una di queste è attribuita al personaggio di Diego Catellani, l’onorevole cavaliere interpretato da Uberto d’Orsi. Questi, dimostrando ben poca della sua presunta classe, afferma che “Il suo è culo, la mia è classe, caro il mio coglionazzo!”.
Un altro discorso indimenticabile ci viene regalato dalla voce narrante, quando racconta: “Dopo quella diamantata pazzesca la contessina Serbelloni Mazzanti Vien Dal mare gli fece conoscere alcuni amici e gli presentò nell’ordine: la signora Bolla, i coniugi Bertani, la contessa Ruffino, i fratelli Gancia, Donna Folonari, il barone Ricasoli, il marchese Antinori, i Serristori Branca e i Moretti, quelli della birra. A metà di quel giro di presentazioni Fantozzi era già completamente ubriaco!”.
I dialoghi indimenticabili
Sempre la voce narrante ci fa sorridere nel momento in cui afferma che “Dopo tre mesi di letture maledette Fantozzi vide la verità, e si turbò leggermente, o meglio, s’incazzò come una bestia!”. Ma anche i dialoghi ai quali assistiamo durante lo svolgersi delle vicende del film non sono da meno.
Un dialogo divertente è invece quello tra la signorina Silvani e Calboni. La signorina Silvani, per rima, domanda: “Cos’è quel picco lassù?”. “Quale?”, si sente rispondere da Calboni. “Quello lassù!”. “Ah, quello lì? Quella… è… quella è… il dente del giudizio, sì!”. “Ah! Non lo riconoscevo!”.