C’è chi passa la vita a inseguire la carriera perfetta e chi, come Shoji Morimoto, ha trasformato il nulla in un vero e proprio lavoro. Potrà sembrare una provocazione o l’ennesima stramberia made in Japan, ma la sua storia è reale e, per certi versi, anche profondamente rivelatrice di alcuni bisogni nascosti della società contemporanea.
Morimoto è un uomo giapponese che, dopo una serie di insoddisfazioni personali e professionali, ha deciso di lanciare un servizio tanto semplice quanto assurdo all’apparenza: “affittare se stesso” per non fare nulla. La sua offerta è disarmante nella sua essenzialità. Non offre consigli, non prende decisioni, non aiuta a risolvere problemi. È presente, ascolta, accompagna. Punto. E, incredibilmente, è proprio questo ciò di cui molte persone sentono il bisogno.
Come funziona il suo “non-lavoro”
Shoji Morimoto non è un attore, non è un terapeuta, non è un guru motivazionale. È semplicemente… presente. Per una cifra che può arrivare anche a 10.000 yen a prestazione (circa 60-70 €), le persone possono ingaggiarlo per fare compagnia, andare a mangiare qualcosa insieme, assistere a un evento, o anche solo per condividere un momento difficile della vita senza sentirsi giudicati o costretti a conversare.
Nel corso del tempo, questa attività singolare è diventata virale, tanto che Morimoto è oggi una piccola celebrità in Giappone, con all’attivo oltre 4mila ingaggi. Tra i suoi clienti ci sono studenti ansiosi per un esame, persone che affrontano divorzi, malati terminali che vogliono qualcuno accanto negli ultimi giorni, o semplicemente individui soli che desiderano una presenza silenziosa con cui condividere un momento qualsiasi.
La richiesta è così alta che Morimoto ha dichiarato di guadagnare fino a 80mila € all’anno, semplicemente offrendo il suo “essere lì”. Niente di più, niente di meno.
Una risposta al vuoto sociale
Dietro l’apparente bizzarria del suo lavoro, si nasconde un fenomeno più profondo e universale: la solitudine diffusa, soprattutto nelle grandi città e nelle culture in cui l’individualismo è spinto all’estremo. Il successo del suo servizio riflette un bisogno spesso inespresso: quello di avere qualcuno accanto, anche solo per un gesto simbolico, senza il peso delle aspettative o delle performance sociali.
In Giappone, dove l’isolamento emotivo è una problematica molto presente, la figura di Morimoto è diventata quasi terapeutica. Il suo approccio, neutro e non invasivo, offre alle persone uno spazio sicuro in cui semplicemente esistere. In un mondo iper-produttivo e orientato al risultato, la possibilità di “non fare nulla” accanto a qualcuno diventa un gesto rivoluzionario.
Da ex “fallito” a simbolo culturale
Prima di inventarsi questo lavoro, Morimoto si considerava un fallimento. Laureato, ma incapace di adattarsi al mondo aziendale giapponese, viveva una profonda crisi d’identità. L’idea di affittare la propria presenza è nata quasi per caso, ma è diventata ben presto una risposta concreta alla sua alienazione – e, come si è poi scoperto, anche a quella di molti altri.
Oggi, la sua figura è studiata come caso sociologico, è protagonista di libri e programmi TV, e ha ispirato discussioni su come stiamo ridefinendo i concetti di lavoro, valore e utilità. La sua attività mostra che, a volte, essere lì per gli altri senza voler aggiustare nulla è già abbastanza. Anzi, è proprio ciò che manca.