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Maledizione Pompei, cos'è successo a chi anni fa rubò le pietre

La "maledizione della Pompei Antica" colpisce ancora: scopri cosa è successo a chi ha osato rubare pietre dal sito archeologico vesuviano.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Nel cuore della millenaria città di Pompei, un gesto apparentemente innocuo si è trasformato in una serie di eventi misteriosi. Una turista inglese, tentata dalla possibilità di possedere un pezzo di storia antica, si è resa protagonista di un episodio che ha suscitato la curiosità e la preoccupazione del direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel. Le pietre pomici trafugate dalla donna avrebbero aperto le porte a una serie di sfortunati avvenimenti, innescando una catena di eventi inaspettati. Esaminiamo da vicino la storia di questa turista e l’esistenza di una presunta “maledizione di Pompei.”

Il furto delle pietre di Pompei: la storia e la “maledizione”

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Nel tentativo di portare a casa un ricordo unico dalla sua visita a Pompei, una turista inglese ha ceduto alla tentazione di rubare alcune pietre pomici.

Tuttavia, quando la donna ha deciso di restituire le pietre con una lettera di scuse, il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, ha risposto con un messaggio a tono. Anche perché la donna, resasi conto di essersi ammalata di cancro, ha rimandato al mittente i reperti trafugati, accompagnati da un toccante biglietto di pentimento. La connessione tra il furto e la malattia, definita dalla stessa turista come la “maledizione della Pompei antica,” ha gettato luce su un enigma che coinvolge la storia millenaria della città.

Il caso della turista inglese non è isolato. Il direttore Zuchtriegel ha infatti rivelato che numerose persone si sono rivolte al Parco archeologico raccontando storie di presunte maledizioni, attribuendo le loro sciagure a furti compiuti in giovane età nella cittadina campana.

Le lettere narrano di malattie, sfortune lavorative e altri eventi nefasti, suggerendo un legame inspiegabile con gli oggetti trafugati. Il direttore, pur comprendendo la componente emotiva di tali storie, sottolinea la necessità di denunciare ogni furto ai fini legali. L’appello è chiaro: il rispetto per il patrimonio storico deve prevalere su ogni desiderio di possesso. Al di là del fatto che la “maledizione della Pompei antica” esista o meno.

Tra l’altro, il Parco archeologico di Pompei è attrezzato con un sistema di video-sorveglianza proprio per prevenire il furto di reperti antichi. Tuttavia, data l’estensione del sito, è normale che alcune situazioni possano sfuggire al controllo delle autorità di vigilanza del luogo.

La storia di Nicole e la conferma della “maledizione della Pompei antica”

La vicenda della turista inglese non è un caso isolato. Nel 2020, una turista canadese di nome Nicole aveva vissuto una situazione simile. Dopo aver rubato alcuni reperti, tra cui alcune tessere di mosaico nel corso di una visita risalente al 2005, ha restituito il maltolto nel 2020, convinta di essersi ammalata di cancro a causa della presunta maledizione di Pompei.

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Nicole, che ha lottato contro il cancro al seno due volte, aveva parlato della situazione con una lettera, pubblicata all’epoca: “Siamo brave persone, e non voglio che questa maledizione si trasmetta alla mia famiglia o ai miei figli“.

La sua storia aggiunge un ulteriore strato di mistero alla leggenda della maledizione, evidenziando una connessione apparentemente inspiegabile tra i furti e le tragedie personali.

Analogamente alla turista inglese, Nicole aveva deciso di porre fine alla presunta maledizione restituendo i reperti trafugati. Inviò un pacco contenente i referti ad un’agenzia di viaggi operante nella località vesuviana, nel tentativo di liberare sé stessa e la sua famiglia dall’ombra sinistra di Pompei.

La sua testimonianza, insieme a quella della turista inglese, alimenta la credenza che rubare dai siti archeologici antichi possa avere conseguenze gravi, una sorta di “giustizia storica” che si riversa sui trasgressori.

Nicole e la turista inglese non sono le uniche ad aver sperimentato la presunta maledizione di Pompei. Altri turisti hanno condiviso storie simili dopo aver trafugato ricordi dalla città degli Scavi.

Le origini della maledizione della Pompei Antica

Tutto inizia negli anni ’90, quando Antonio Irlando, architetto e giornalista all’epoca corrispondente dell’agenzia Ansa da Torre Annunziata, si ritrovò al centro di una storia avvolta nella stessa aura del mistero.

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Il suo incontro con una lettera scritta in spagnolo all’interno dello studio del soprintendente Baldassarre Conticello segnò l’inizio di una narrazione sconcertante. La lettera conteneva una frase che destò l’attenzione di Irlando: “Vi restituisco queste due cose, perché da quando le ho prese mi ha colpito la malasuerte“.

Il giorno successivo, la notizia trapelò alla stampa, e da quel momento cominciò a diffondersi la narrativa di un fenomeno che prese il nome de “La Malasuerte di Pompei“.

Irlando, intervistato dal Corriere della Sera, rivelò di aver condiviso questa storia per la prima volta, anticipando con intuizione il fenomeno che si sarebbe sviluppato successivamente. Le parole della lettera spagnola, lette oggi, sembrano aver scatenato un’incredibile reazione a catena.

Il giornalista ha infatti raccontato di numerosi reperti trafugati, spesso piccoli pezzi, cocci raccolti, e pietre restituiti da pentiti terrorizzati dalla presunta maledizione. Negli anni ‘90, la “Malasuerte di Pompei” diventò un titolo che risuonava sui principali quotidiani nazionali e internazionali, gettando un’ombra sinistra sull’antica città.

Da quel momento, il fenomeno delle restituzioni di reperti trafugati si intensificò, tra il terrore generale. Persone colpite dalla sfortuna, con convinzione o timore, si sentirono costrette a riconsegnare ciò che avevano preso.

Si trattava sempre – ieri come oggi – di piccoli frammenti, cocci o pietre, ma il flusso continuo di questi restituiti riflette un’atmosfera di inquietudine e superstizione. Pompei, una volta teatro di antiche tragedie, sembra ancora evocare un destino ineluttabile per coloro che osano sfidare la sua integrità.

E forse non è un caso che ancora oggi la storia delle restituzioni continua a catturare l’attenzione nazionale e internazionale. Il fenomeno si ripete, e la “Malasuerte di Pompei” diventa un motivo di discussione sempre più ricorrente. Il rinnovato interesse evidenzia la persistenza di credenze e timori legati alla presunta maledizione. La città del Vesuvio colpisce chi osa violarne l’integrità? Non lo sappiamo ma, attenendoci anche alla convinzione che rubare reperti archeologici sia un reato contro la storia dell’umanità, non possiamo che fare un appello ai numerosi turistici che l’affollano: mai portarsi a casa un souvenir storico trafugandolo dai reperti. Le conseguenze possono essere davvero terribili.

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