Mistero dei 'cerchi delle fate' nel deserto: cosa sta accadendo

Le antiche conoscenze degli aborigeni australiani aiutano a risolvere il mistero scientifico dei "cerchi delle fate" nel deserto. Ecco quali sono

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Paolo Travisi

Paolo Travisi

Giornalista

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I “cerchi delle fate” rappresentano da anni uno dei grandi misteri scientifici del deserto australiano. Da tempo gli studiosi hanno cercato di spiegare il fenomeno, ma solo recentemente la risposta sembra essere stata finalmente trovata. Ed è avvenuto anche grazie allo studio della cultura aborigena locale. Ma qual è allora l’origine di questi misteriosi spazi vuoti tra le sterpaglie del deserto?

Cerchi delle fate in Africa e Australia

I cerchi, che formano schemi circolari regolari di pavimentazione nuda, sono stati originariamente registrati in Africa negli anni ’70, ma sono molto diffusi anche in Australia. Mentre fino ad oggi gli studiosi avevano sostenuto che essi fossero il risultato di piante vicine in competizione per l’acqua, gli indigeni australiani sostengono che le macchie sono formate dalle termiti che scavano sotto.

Questo fenomeno è stato osservato in diverse zone desertiche, soprattutto nella regione di Pibara, nell’Australia occidentale, dove gli scienziati hanno effettuato dei sondaggi e degli scavi per comprendere la natura dei cerchi. Grazie alle ricerche effettuate, è stato dimostrato che il 100% delle trincee scavate presentava camere di termiti visibili orizzontalmente e verticalmente nella matrice. In pratica hanno confermato ciò che gli indigeni sapevano già: sono proprio le termiti a provocarli.

Questa scoperta ha fornito però una nuova prospettiva nella spiegazione del fenomeno dei cerchi delle fate in Australia. Altre ipotesi precedenti, come quella secondo cui i cerchi sarebbero dovuti a microrganismi, oppure al riassetto dei terreni, oppure ancora all’azione di gas metano sotterraneo, sono state meno avvalorate rispetto a quella delle termiti.

Gli aborigeni australiani, infatti, raccoglievano e mangiavano le Warturnuma, termiti volanti che volavano dai linyji, come loro chiamano i cerchi delle fate. Inoltre si è scoperto che anche una specie minacciata nota come Mulyamiji o scinco del deserto, utilizza i cerchi per i suoi scopi, poiché è stato osservato che dopo le piogge nelle aree in cui sono presenti, la creatura nasce nell’acqua che si trova sopra di essi.

Se fino ad oggi, questi cerchi, erano stati osservati solo nel Deserto del Namib, in Africa meridionale e come abbiamo detto, nell’entroterra desertico dell’Australia Occidentale, uno studio recente, condotto ricorrendo all‘intelligenza artificiale ha svelato che alcuni schemi di vegetazione che assomigliano ai Cerchi, in realtà si possono trovare in 15 paesi, distribuiti su 3 continenti. E questo potrebbe rivoluzionare la conoscenza acquisita fino ad oggi.

Cerchi delle fate: cosa dicono i satelliti

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale, Proceedings of the National Academy of Sciences, ha visto gli studiosi coinvolti nell’analisi di numerosi data set di immagini satellitari ad alta risoluzione di drylands, cioè ecosistemi aridi con scarsa pioggia, di  tutto il mondo.

Emilio Guirado, autore principale dello studio presso l’Istituto Multidisciplinare per gli Studi Ambientali dell’Università di Alicante in Spagna, ha dichiarato che “l’uso di modelli basati sull’IA su immagini satellitari per rilevare pattern simili ai cerchi delle fate è una novità assoluta su larga scala”, resa possibile dall’addestramento della rete neurale, con oltre 15mila immagini satellitari di Namibia ed Australia.

In metà delle immagini c’erano cerchi delle fate, nell’altra metà no: dopodiché la rete neurale ha analizzato la vegetazione di circa 575mila appezzamenti di terreno in tutto il mondo, dove ha identificato modelli circolari ripetuti che ricordavano, per l’appunto, quelli dei Cerchi “Abbiamo dovuto scartare manualmente alcune strutture artificiali e naturali che non erano cerchi delle fate” ha detto Guirado, che è dovuto intervenire sull’operato dell’IA.

Dai risultati finali è emerso che in 263 località aride, c’era modelli circolari simili a quelli osservati in Namibia e Australia, che spaziavano dall’Africa (Sahel, Sahara Occidentale e Corno d’Africa) fino al Madagascar, all’Asia centrale e all’Australia. Da qui l’intervento di Stephan Getzin, ricercatore nel dipartimento di modellistica degli ecosistemi all’Università di Göttingen in Germania, convinto che ciò che distingue i Cerchi delle Fate, da altre lacune nella vegetazione è un modello ordinato tra i cerchi.

Nonostante tutto questo studio, non si è ancora arrivati all’origine dei Cerchi, che resta un mistero, ma Getzin ha aggiunto che determinate condizioni climatiche, insieme all’auto-organizzazione delle piante, possano generare i Cerchi in Namibia, mentre un’altra esperta, Fiona Walsh, etnoecologa all’Università dell’Australia Occidentale, sostiene che in Australia i cerchi delle fate siano strettamente legati all’attività dei termiti. Insomma, ancora oggi, una risposta esaustiva non c’è.

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