Pastiera, quando farla? Il giorno 'del grano' in cui prepararla per far 'sciogliere la gloria'

Scopri perché la pastiera si prepara proprio in un giorno preciso, tra storia, simboli religiosi e tradizione familiare napoletana.

Pubblicato:

Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

La pastiera non è solo un dolce pasquale, ma rappresenta un rito e una tradizione che profuma di primavera e di memoria. Ma attenzione: esiste un giorno preciso per farla, segnato a fuoco nel calendario delle famiglie napoletane. Quel giorno è il Giovedì Santo.

Il momento giusto per fare la pastiera: quando il grano “sta a terra”

Secondo la tradizione, la pastiera napoletana va preparata il Giovedì Santo. Non si può posticipare né anticipare. E il motivo sta nel fatto che si tratta del giorno in cui, simbolicamente, il grano “sta a terra”.

Inoltre, il Giovedì Santo è un giorno molto importante della Settimana Santa, legato all’Ultima Cena. Per questo, tradizione vuole che in questo giorno si cominciassero i preparativi per il pranzo di Pasqua, e fare la pastiera era parte di questi rituali familiari e comunitari.

Tra l’altro, si tratta di un dolce che migliora dopo uno o due giorni di riposo. Con il riposo, i profumi degli ingredienti si amalgamano, rendendo il dolce più buono e aromatico. Preparandola il Giovedì Santo, quindi, diventa perfetta da gustare la domenica di Pasqua.

Come si prepara la pastiera napoletana?

Il procedimento è ben codificato: la mattina inizia presto. Il grano si fa bollire nel latte con una noce di burro e una scorza di limone. Il profumo si diffonde subito in casa, riempiendo ogni angolo. Intanto, la ricotta si insaporisce con lo zucchero e riposa tranquilla.

Dopo pranzo, si riprende. Si uniscono la ricotta setacciata, le uova, lo zucchero e tutti quei profumi che rendono la pastiera unica: la vaniglia, l’aroma dei fiori d’arancio, e — per chi ama osare — un pizzico di cannella.

Infine, si aggiunge il grano cotto. Il ripieno è pronto. Si passa quindi alla pasta frolla, che va stesa con cura. Si fodera lo stampo e si versa il ripieno. Poi, le classiche strisce incrociate sopra, a formare la sua inconfondibile griglia prima di metterla in forno.

Bisogna finire tutto prima che inizino le celebrazioni eucaristiche del Giovedì Santo. Non è solo cucina, ma rispetto della tradizione.

Il giorno dopo è “vietato” assaggiare la tastiera

Per tradizione, però, la pastiera non va assaggiata subito né il giorno dopo. Il Venerdì Santo, la pastiera è tabù. Non si tocca. Nemmeno una volta. Nemmeno per curiosità. La regola è ferrea. Pare che anticamente fosse anche per motivi religiosi e alimentari: essendoci lo strutto nella ricetta tradizionale, era vietato consumare carne durante i venerdì di Quaresima.

Per tradizione non si può assaggiare nemmeno il giorno del sabato, che rappresenta il lasso di tempo tra la morte di Gesù e la sua resurrezione. Bisogna aspettare che “si sciolga la gloria“. Lo si può fare solo al termine delle celebrazioni pasquali, ovvero al termine del pranzo della domenica.

Una volta superata questa attesa, la pastiera diventa protagonista assoluta. Non ci sono più divieti. Anzi, in molte case, diventa una presenza costante durante tutte le festività pasquali. Colazione, pranzo, merenda. Ogni momento è buono per gustarla.

E ogni morso è un viaggio. Un ritorno alle origini.

più popolari su facebook nelle ultime 24 ore

vedi tutti