Se hai venduto abiti usati online, ora rischi una multa

Se vendi abiti usati online, attenzione! Le nuove normative fiscali potrebbero costarti caro. Attenzione alle multe!

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Vendere abiti usati online è diventata un’attività sempre più popolare, grazie a piattaforme come Vinted, Wallapop, eBay e altre. Tuttavia, non tutti sanno che dietro a queste vendite si nascondono delle vere e proprie insidie fiscali che potrebbero portare a sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Vediamo di capire meglio quali sono i rischi e come evitarli.

Vendite occasionali o attività commerciale? Il rischio se vendi abitualmente online

Il primo punto da chiarire riguarda la frequenza e la consistenza delle vendite. Se utilizzi queste piattaforme in modo saltuario, per liberarti di qualche capo d’abbigliamento che non usi più, non hai di che preoccuparti: le tue vendite sono considerate occasionali e non sei tenuto a fare nulla di particolare dal punto di vista fiscale. Tuttavia, la situazione cambia se le tue vendite diventano abituali e i ricavi superano determinate soglie. In questo caso, infatti, potresti essere considerato a tutti gli effetti un commerciante, con l’obbligo di aprire una partita IVA e di pagare le relative imposte. E, se non lo fai, rischi una bella multa.

Dal 2024, infatti, la situazione si è fatta ancora più stringente con l’entrata in vigore della direttiva europea Dac7. Questa normativa, adottata in Italia il 20 novembre 2023, obbliga tutte le piattaforme di vendita online a comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle transazioni effettuate dagli utenti. Non solo le famose Vinted e Wallapop, ma anche colossi come Amazon, Etsy, Vestiaire Collective e Airbnb dovranno fornire dettagli sulle vendite, inclusi i guadagni complessivi e gli IBAN associati agli account.

Quando scatta l’obbligo di partita IVA per le vendite effettuate online?

La direttiva Dac7 stabilisce che, una volta superata la soglia di 30 vendite annue o di 2.000 euro di incasso, i dati delle transazioni debbano essere trasmessi automaticamente all’Agenzia delle Entrate. Questo significa che, se superi uno di questi limiti, potresti essere soggetto a un controllo fiscale.

Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che le tue vendite configurino un’attività commerciale, sarai obbligato ad aprire una partita IVA.

In Italia, questo obbligo scatta quando i ricavi superano i 5.000 euro l’anno. Oltre alla partita IVA e alle relative spese, dovrai inoltre versare i contributi previdenziali e pagare le imposte sui ricavi ottenuti.

Come evitare di essere sanzionati quando si vendono abiti usati online

Per non incorrere in sanzioni, è fondamentale essere consapevoli delle regole e rispettarle. La legge, si sa, non ammette ignoranza. Quindi, non potrai mai dire di essere all’oscuro di un’eventuale normativa. Inoltre, quando accetti le varie regole, condizioni e comunicazioni che arrivano da leggere su tutte le app e siti di e-commerce – spesso lo si fa senza nemmeno leggerle – sappi che hai comunicato ufficialmente di essere pienamente consapevole di tutte le normative esistenti a riguardo.

Se vendi abitualmente online e i tuoi guadagni superano le soglie indicate, il consiglio è di consultare un commercialista per valutare se sia necessario aprire una partita IVA. In questo modo, eviterai problemi con il fisco ed eviterai di dover pagare una multa che potrebbe vanificare ogni guadagno ottenuto con la vendita dei tuoi vestiti usati!

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