Era il 1970 quando al cinema uscì “Lo chiamavano Trinità”, il film con Bud Spencer e Terence Hill, diretto da E.B. Clucher. La pellicola fu un vero successo e consacrò i due attori, rendendoli una delle coppie cinematografiche più amate di sempre.
Tutti abbiamo visto almeno una volta (o centinaia) “Lo chiamavano Trinità”. Sicuri di sapere tutto sul film? Ecco 5 curiosità che forse vi erano sfuggite.
La location – Gran parte delle riprese di “Lo chiamavano Trinità” sono state realizzate a Campo Imperatore altopiano del Gran Sasso. Qui sono stati girati molti film famosi. Non solo il seguito della pellicola, ma anche “Il deserto dei Tartari” con Vittorio Gassman e “Così è la vita” di Aldo, Giovanni e Giacomo.
I record – “Lo chiamavano Trinità” è stato il film dei record. Quando uscì al cinema negli anni Settanta sbancò il botteghino, piazzandosi secondo in classifica dietro “Per grazia ricevuta”, successo di Nino Manfredi. A distanza di anni le repliche televisive continuano a macinare ascolti. Il risultato migliore venne raggiunto nel 1988, quando il film tenne incollati al piccolo schermo 12 milioni di spettatori.
La scena dei fagioli – Per girare la mitica scena dei fagioli, in cui Trinità si abbuffa da una padella. Terence Hill venne costretto a digiunare per due giorni. Lo stratagemma funzionò e alla fine la scena fu così realistica che il regista decise di girarla una volta sola.
Il rifiuto di Franco Nero – Inizialmente era stato scelto Franco Nero per interpretare Trinità. L’attore però rifiutò. Al suo posto venne scelto il duo formato da George Eastman e Pietro Martellanza, ma alla fine il produttore e il regista decisero di puntare su Bud Spencer e Terence Hil
L’omaggio di Tarantino – Quentin Tarantino non ha mai nascosto di essere un grande fan del genere spaghetti western. Non a caso nel film “Django Unchained” ha deciso di rendere omaggio a “Lo chiamavano Trinità”. La musica che si sente nei titoli di coda è “Trinity”, tratta dalla colonna sonora della pellicola curata da Franco Micalizi. La canzone venne scritta da Annibale Giannarelli e contiene l’inconfondibile fischio di Alessandro Alessandroni.