Fin dai tempi antichi, la figura del Diavolo ha permeato le credenze e le rappresentazioni culturali dell’umanità, assumendo diverse forme e significati nelle varie tradizioni religiose e mitologiche. Spesso associato al male, alla tentazione e alla ribellione contro il divino, il Diavolo è stato una presenza costante nella coscienza collettiva, influenzando non solo le concezioni spirituali, ma anche l’arte, la letteratura e persino la percezione visiva. È in questo contesto ricco di simbolismo che emerge un fenomeno unico e interessante: la sindrome nota come Prosopometamorfopsia, comunemente denominata “la malattia di chi vede il diavolo”.
Che cos’è la malattia di “chi vede il diavolo”
La Prosopometamorfopsia, nota anche come “la malattia di chi vede il diavolo”, è una sindrome estremamente rara che suscita inquietanti sintomi e distorce la vista dei lineamenti del viso altrui. La prestigiosa testata scientifica The Lancet ha recentemente diffuso le prime immagini che illustrano la percezione dei volti da parte di coloro che soffrono di questo disturbo.
Chi ne è affetto descrive la propria esperienza come il fissare dei demoni. “È come svegliarsi una mattina e ritrovarsi in un mondo popolato da creature da un film horror”, ha spiegato Sharrah, un paziente affetto da questa condizione, che ha contribuito alla creazione di un’immagine generata al computer che rappresenta ciò che vede nei volti. Questo “identikit” è stato pubblicato nella sezione “Clinical Pictures” di The Lancet.
I sintomi della malattia
Le persone affette da questa sindrome riportano distorsioni nei tratti del viso delle altre persone, con parti del volto che appaiono allungate, con solchi profondi sulla fronte, sulle guance e sul mento. È interessante notare che le distorsioni non si verificano osservando oggetti o immagini facciali su carta o serigrafia.
È importante sottolineare che si tratta di un disturbo visivo e non psichiatrico. Le distorsioni non sono accompagnate da convinzioni deliranti sull’identità delle persone, il che suggerisce che non si tratti di un problema mentale, ma piuttosto del sistema visivo.
Secondo Brad Duchaine, docente di psicologia e scienze del cervello, le persone affette da questa sindrome spesso evitano di parlare della loro condizione agli altri per paura di essere fraintese come affette da disturbi psichiatrici.
Lo studio condotto da Duchaine e dai suoi colleghi ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e la comunità medica sulla sindrome di chi vede il diavolo, al fine di comprendere meglio le sue origini e sviluppare trattamenti appropriati.
La ricerca e il futuro
La sindrome di chi vede il diavolo rappresenta un affascinante enigma per la comunità scientifica, che richiede un’approfondita esplorazione delle sue origini e dei possibili trattamenti. È fondamentale continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica e la comunità medica su questa condizione affinché venga compresa e affrontata con empatia e rigore scientifico. Attraverso lo studio e la ricerca, si spera di gettare nuova luce su questa rara sindrome, offrendo ai pazienti un supporto adeguato e aprendo la strada a possibili interventi terapeutici che possano migliorare la loro qualità di vita. In questo cammino verso la comprensione e la cura, la collaborazione tra pazienti, ricercatori e operatori sanitari sarà essenziale per affrontare le sfide poste da questa affascinante ma complessa condizione medica.