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Se preferisci stare a casa e non uscire sei più intelligente

Secondo una ricerca scientifica, coloro che preferiscono stare soli non sono asociali ma solo più intelligenti della media. Scopriamo il perché

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La ricerca scientifica ha rivelato un interessante collegamento tra la tendenza all’asocialità e l’intelligenza, sollevando nuove domande sulla relazione tra il comportamento sociale e il quoziente intellettivo (QI).

Sembrerebbe proprio che preferire trascorrere del tempo a casa e rinunciare alle attività sociali sia un tratto comune tra coloro che possiedono una mente brillante.

Questo studio sta gettando nuova luce sulle caratteristiche degli individui – soprattutto su quelli che superano gli enta o gli anta, ma non solo – e scelgono di godersi le proprie giornate libere sul divano di casa. Sei curioso di scoprire se c’è una correlazione tra la tua asocialità e il potenziale genio che potresti nascondere?

Continua a leggere per saperne di più su come l’intelligenza e l’isolamento sociale possono essere interconnessi, e se essere un pantofolaio potrebbe essere un segno di un alto QI (a proposito, se hai un quoziente intellettivo elevato, sai risolvere questo quiz matematico).

Preferisci stare da solo? Potresti essere un genio

Se siete sempre stati accusati di essere asociali o di preferire rimanere nel vostro spazio, potrebbe essere il momento di considerare questa caratteristica in una luce completamente nuova. Secondo uno studio del 2016, condotto da un team di psicologi della London School of Economics e della Singapore Management University, le persone che tendono ad isolarsi potrebbero essere le più intelligenti. Quello che una volta poteva essere considerato come un tratto negativo potrebbe in realtà essere una manifestazione della vostra intelligenza distintiva.

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L’essere umano ha una storia evolutiva che lo lega al vivere in gruppo, poiché questa strategia garantiva protezione dai pericoli e una maggiore capacità di soddisfare i bisogni essenziali. Fin dai tempi antichi, l’importanza della coesione sociale era evidente, poiché la sopravvivenza dell’individuo era strettamente legata al gruppo. Tuttavia, gli studiosi del comportamento umano hanno osservato che alcune persone tendono a distanziarsi dal gruppo quando percepiscono di poter soddisfare le proprie esigenze senza l’aiuto degli altri.

Lo studio condotto congiuntamente da ricercatori inglesi e malesi ha coinvolto un vasto campione di oltre 15.000 persone, con età compresa tra i 18 e i 28 anni. I risultati hanno rilevato che la maggior parte di loro tendeva ad essere più felice e soddisfatta quando trascorreva molto tempo in compagnia di altre persone. Tuttavia, è emerso anche un interessante dato: coloro che facevano eccezione a questa regola, cioè coloro che si mostravano insoddisfatti del tempo trascorso in compagnia, erano individuabili come soggetti con un Q.I. maggiore o comunque considerati “molto intelligenti”.

L’essere soli non va confuso con la solitudine, che è una condizione negativa per la salute mentale. Al contrario, trascorrere del tempo da soli può consentire alle persone di riflettere, concentrarsi su attività creative o ragionare in modo approfondito. Questo ambiente tranquillo e distante dal rumore del gruppo può favorire lo sviluppo di idee innovative e di soluzioni creative ai problemi. Essere in grado di apprezzare il proprio spazio e trarne vantaggio può essere un segno di una mente brillante, pronta a cogliere nuove opportunità e prospettive.

Come si comporta una persona asociale?

Le persone che correntemente definiamo “asociali” spesso mostrano alcune caratteristiche che le distinguono dagli individui più inclini alla socializzazione. Ecco alcune delle principali peculiarità associate all’asocialità:

  • Preferenza per la solitudine: chi è asociale trae energia e benessere dal tempo trascorso da solo o da sola. A differenza delle persone estroverse che traggono piacere dall’interazione sociale, gli asociali si sentono più a loro agio e concentrati durante le attività solitarie.
  • Cerchia sociale limitata: le persone “asociali” tendono a mantenere un ristretto gruppo di amici o contatti sociali. Preferiscono relazioni intime e significative, piuttosto che una vasta rete di relazioni superficiali.
  • Ritiro da eventi sociali: Gli asociali potrebbero evitare o sentirsi ansiosi riguardo agli eventi sociali o le attività di gruppo, soprattutto quando coinvolgono grandi folle o interazioni prolungate con gli altri.
  • Indipendenza emotiva: Queste persone spesso dimostrano una notevole indipendenza emotiva, trovando conforto nella loro capacità di affrontare le sfide personali senza dipendere eccessivamente dagli altri.
  • Interessi specializzati: Gli “asociali” tendono ad avere interessi particolari e spesso intensi in determinati argomenti. Questi interessi possono essere il centro delle loro attività solitarie.
  • Creatività e introspezione: passare del tempo da soli può favorire la riflessione e la creatività. Le persone asociali possono essere inclini a dedicarsi ad attività creative o a esplorare il loro mondo interiore attraverso la meditazione o la lettura.

È importante chiarire che essere asociali e essere sociopatici sono due concetti completamente diversi. Mentre l’asocialità può essere considerata una caratteristica della personalità, la sociopatia, o più formalmente la “disturbo della personalità antisociale“, è una condizione patologica e un disturbo mentale.

L’asocialità si riferisce semplicemente alla preferenza per la solitudine e alla tendenza a evitare situazioni sociali senza particolari implicazioni negative per la società o gli altri. È una caratteristica che può essere presente in individui sani e non è considerata una malattia.

D’altra parte, la sociopatia è un disturbo che comporta comportamenti disadattivi e anticonformisti, come:

  • l’indifferenza verso i sentimenti altrui
  • la mancanza di empatia
  • la tendenza alla manipolazione
  • la violazione ripetuta degli spazi e in generale dei diritti altrui.

La sociopatia può causare gravi problemi a livello personale e sociale e richiede un’adeguata diagnosi e trattamento da parte di professionisti della salute mentale.

Altri insospettabili indicatori di intelligenza

Oltre alle tradizionali misure del quoziente intellettivo (QI), esistono alcuni aspetti meno noti che possono rivelarsi indicativi di una mente brillante. Molti ricercatori hanno indagato su collegamenti sorprendenti tra l’intelligenza e determinati comportamenti o caratteristiche psicologiche. Vediamoli insieme:

  • Disturbi dell’umore: uno studio del 2012 rivela che la complessità dell’intelligenza può spesso manifestarsi con una maggiore predisposizione ai disturbi dell’umore. Gli individui intelligenti hanno la capacità di sviluppare profonde riflessioni sulla realtà e, paradossalmente, ciò li rende più inclini a generare pensieri negativi sull’esistenza. La loro capacità di trovare conferme alle proprie ipotesi può aumentare la vulnerabilità a stati d’animo più instabili.
  • Anticonformismo: l’intelligenza implica spesso un pensiero divergente rispetto alla maggioranza della popolazione. Di conseguenza, secondo uno studio del 2010, le persone più intelligenti possono avere gusti e idee eccentriche, difficili da comprendere per chi non riesce a cogliere la complessità delle loro visioni. Pur potendo scegliere di assecondare la massa, difficilmente si adegueranno completamente a essa.
  • Lentezza nelle decisioni: mentre le persone comuni possono prendere decisioni rapide, le menti più intelligenti tendono a valutare una vasta gamma di variabili e considerazioni prima di giungere a una scelta definitiva. Questo processo di ponderazione e analisi può richiedere tempo, ma è spesso il risultato di una riflessione accurata. Lo rivela una ricerca del 2016.
  • Disturbi d’ansia: un’intelligenza sopra la media permette alle persone di cogliere dettagli e sfumature delle situazioni che sfuggono agli altri. Uno studio rivela che capacità di ipotizzare una gamma più ampia di scenari può generare un’elevata consapevolezza dell’imprevedibilità e del ruolo del caso nella vita. Questa consapevolezza può alimentare disturbi d’ansia, poiché le persone intelligenti possono sentirsi impotenti di fronte a eventi imprevedibili e incontrollabili.

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