Avvocato o avvocatessa? Presidente o presidentessa? Quando si tratta di nominare una professionista in qualsiasi campo, non sempre si conosce il termine giusto da adottare e sorgono diversi dubbi.
- La presidente, il presidente o la presidentessa?
- L'Accademia della Crusca sul 'femminile professionale'
Il dibattito è tornato in primo piano con l’elezione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio, prima presidente (o presidentessa?) della storia d’Italia. La leader di Fratelli d’Italia ha espressamente richiesto di utilizzare l’articolo maschile “il” nei comunicati ufficiali, dunque “il presidente del Consiglio Giorgia Meloni” e non “la presidente” o “la presidentessa”.
La sua scelta ha sollevato non poche polemiche, non tanto dal punto di vista grammaticale e linguistico, quanto da quello culturale. La decisione di Giorgia Meloni, infatti, non ha nulla a che vedere con l’italiano e con le linee guida date dall’Accademia della Crusca, che per altro accetta sia la forma maschile che quella femminile, ma è stata una decisione culturale, politica, che ha diviso inevitabilmente le opinioni.
Qualcuno ha appoggiato il principio della Meloni, qualcuno lo ha contestato. La deputata del Partito democratico Laura Boldrini, ad esempio, si è schierata contro la decisione della Meloni scrivendo sui suoi canali social: “La prima donna a palazzo Chigi che però si fa chiamare al maschile, il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare anche nella lingua il suo primato? La Treccani ci dice che tutti i ruoli vanno declinati. O forse affermare il femminile è chiedere troppo alla leader di Fratelli d’Italia che già nel nome dimentica le Sorelle?”.
Al di là del dibattito politico, vediamo cosa dice la lingua italiana sull’uso del termine presidente o presidentessa.
La presidente, il presidente o la presidentessa?
Per riferisci ad una donna, meglio dire il presidente, la presidente, la presidentessa? In italiano sono tutte e tre corrette queste espressioni. Sebbene in italiano – che è una lingua che non ha un genere neutro – quando ci si riferisce ad una donna è grammaticalmente corretto usare una forma al femminile, esistono delle eccezioni. Riferendosi a “la presidentessa” e “la presidente”, i linguisti tendono a preferire questa seconda formula, senza suffisso.
In realtà questo accade non perché “presidentessa” sia errato, ma per non generare confusione: “la presidentessa” era un termine utilizzato, in passato, per indicare la moglie del presidente. “Presidente” a differenza di “dottore” o “professore”, è inoltre un termine che deriva dai participi presenti latini o italiani, tutti termini sia maschili che femminili che non richiedono l’aggiunta di suffissi, ma solo il cambio di articolo (è lo stesso per docente, insegnante).
Dunque nel caso di una carica femminile, la scelta migliore, nonché la più corretta, è proprio “la presidente“.
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L’Accademia della Crusca sul ‘femminile professionale’
Il tema del genere femminile per quanto riguarda le cariche e le professioni ha sempre acceso il dibattito tra gli appassionati e gli studiosi della lingua italiana. Persino l’Accademia della Crusca, l’istituzione linguistica più prestigiosa d’Italia, è intervenuta più volte sull’argomento.
L’Accademia della Crusca, in quanto istituzione italiana che si occupa e si preoccupa di studiare il linguaggio e i suoi cambiamenti nel tempo, è più volte tornata sulla questione come sempre ha fatto (e fa) per analizzare le espressioni più assurde della lingua italiana. Ma cosa dicono gli accademici riguardo i termini “presidente” e “presidentessa”?
Secondo la Crusca la tematica è sempre attuale, anche in virtù dei continui cambiamenti sociali che vedono le donne impiegate in mestieri e professioni che una volta erano appannaggio del sesso maschile e, per questo, non hanno un corrispettivo nella lingua italiana.
Il problema è stato molto sentito soprattutto dalle donne che hanno fatto del femminismo una battaglia personale, a cominciare proprio dalla lingua, considerata ancora troppo maschilista. Fin dalle origini ci sono stati la contadina, l’infermiera, la maestra, ma per quanto concerne ruoli dirigenziali o socialmente più elevati, la lingua italiana ha sempre declinato questi sostantivi tutti al maschile.
All’interno della stessa Accademia della Crusca, diversi accademici hanno affrontato il problema, non trovandosi sempre d’accordo. Come anche la Crusca sottolinea, una delle modalità più diffuse per generare nomi professionali femminili è l’aggiunta del suffisso – essa al nome maschile, dunque dottore – dottoressa, professore – professoressa.
Ma non vale per tutte le professioni. Fino ad alcuni decenni fa, la donna non aveva possibilità di svolgere determinate professioni (riservate esclusivamente agli uomini) e il suffisso – essa determinava proprio questa dipendenza dall’uomo, indicando “la moglie di” e non la professione esercitata dalla donna.
Sono ambigenere, invece, per la lingua italiana, quelle professioni uscenti in -ente, come dirigente, o presidente appunto. In questi casi – dice la Crusca – non serve aggiungere il suffisso – essa.
Il nome è già riferito al genere maschile e a quello femminile, dunque è sufficiente cambiare l’articolo davanti alla parola (il-la, un-una).
A maggio 2008 Nicoletta Maraschio, in occasione della sua nomina a presidente donna dell’Accademia della Crusca, espresse – in un articolo sul Sole 24 ore – la sua opinione a favore della forma “la presidente”: “Essere la presidente – disse – è una buona soluzione, favorita da forme analoghe di grande diffusione, anche se non del tutto sovrapponibili, come la preside, la cantante e per di più in diretta continuità, per quanto mi riguarda, con il titolo la vicepresidente che ho avuto a lungo”.
Un altro esempio di “la presidente” come forma migliore da utilizzare, si è verificato in occasione della nomina alla presidenza del Senato – dal 24 marzo 2018 al 12 ottobre 2022 – di Maria Elisabetta Alberti Casellati. La politica precisò di voler essere chiamata “presidente” del Senato e non “presidentessa”.
Periodicamente la questione linguistica torna ad accendersi in ambiti politici e non solo, ma l’Accademia della Crusca non lascia spazio a dubbi e detta le basi per declinare correttamente le professioni al femminile.
Ricapitolando, dunque: l’utilizzo del suffisso -essa è da considerare corretto nel caso di professioni quali dottore-dottoressa, professore-professoressa. L’altra soluzione corretta è quella di lasciare il nome al maschile e variare l’articolo, per cui abbiamo il dirigente-la dirigente, il preside-la preside, il giornalista-la giornalista.
La scelta di Giorgia Meloni di farsi chiamare “il presidente”, non è sbagliata, ma non è la forma consigliata dagli accademici. Allo stesso modo, l’Accademia della Crusca non abolisce la forma “presidentessa” che, comunque, ritiene corretta anche se meno armoniosa da un punto di vista del suono e della scrittura.