Rivelata la data della fine dell'umanità: quando accadrà. Le temperature raggiungeranno i 70°C

Quando finirà il mondo? Gli scienziati di Bristol fanno una previsione spaventosa sulla fine dell'umanità.

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Elon Musk continua a essere uno dei protagonisti indiscussi del panorama globale. Nel 2024, il magnate ha catalizzato l’attenzione soprattutto negli Stati Uniti, grazie al suo aperto sostegno alla candidatura di Donald Trump per la presidenza. Dopo la vittoria di Trump, Musk sembra pronto ad assumere un ruolo centrale nel nuovo governo statunitense.

Questa svolta politica ha avuto effetti positivi anche sulle sue aziende. Tesla, a Wall Street, ha raggiunto i massimi dal 2021, mentre SpaceX ha visto il suo valore toccare i 350 miliardi di dollari nell’ultima operazione di scambio titoli. Di conseguenza, il patrimonio personale di Musk è aumentato del 66%, raggiungendo l’incredibile cifra di 439,2 miliardi di dollari, facendolo diventare il primo uomo nella storia a superare i 400 miliardi di dollari di patrimonio netto.

Musk e l’acquisto di Twitter: la nuova era di X

Con l’acquisizione di Twitter, ora ribattezzato X, Musk non perde occasione per commentare le vicende mondiali, mostrando un interesse particolare anche per l’Italia e la sua situazione politica. Recentemente, però, l’attenzione del visionario si è spostata su questioni cosmiche. In risposta a un post sulla possibilità che il Sole esploda tra 5 miliardi di anni, Musk ha espresso il suo pensiero su come l’umanità potrebbe affrontare una simile eventualità.

La Terra diventerà inabitabile in 500 milioni di anni?

Secondo Musk, la Terra potrebbe diventare inabitabile ben prima dei 5 miliardi di anni previsti dagli scienziati. «L’espansione del Sole potrebbe rendere la Terra inadatta alla vita dopo appena il 10% di quel tempo», ha scritto Musk su X, stimando un arco temporale di circa 500 milioni di anni.

Alcuni utenti hanno fatto notare che anche Marte, orbitando attorno al Sole, potrebbe non essere un rifugio sostenibile quando il Sole si espanderà. Tuttavia, Musk, convinto sostenitore della colonizzazione del pianeta rosso, ritiene che l’umanità debba emanciparsi dalla sua dipendenza dalla Terra e trovare alternative nello spazio. «È cruciale diventare una specie multiplanetaria», ha affermato su X, aggiungendo che non possiamo permetterci di mettere “tutte le uova nello stesso paniere”.

Il sogno di Marte: obiettivi a breve e lungo termine

Uno dei più grandi obiettivi di SpaceX, l’azienda spaziale fondata da Musk, è proprio la colonizzazione di Marte. Secondo Musk, i primi passi concreti potrebbero essere più vicini di quanto si pensi. A settembre, Musk ha annunciato che le prime missioni verso Marte saranno lanciate tra due anni, durante la prossima finestra di trasferimento Terra-Marte. Questi voli iniziali saranno senza equipaggio, con l’obiettivo di testare l’affidabilità degli atterraggi sul pianeta rosso.

Se questi test andranno a buon fine, i primi voli con equipaggio potrebbero avvenire entro quattro anni. Ma Musk non si ferma qui: il suo piano a lungo termine prevede un aumento esponenziale dei voli verso Marte, con l’ambizioso obiettivo di costruire una città autosufficiente entro i prossimi 20 anni.

Il futuro dell’Umanità, secondo Musk

Elon Musk si conferma un pensatore visionario, capace di spingere i confini della scienza, della tecnologia e persino della politica. Con la sua attenzione al futuro dell’umanità, Musk non si limita a immaginare un mondo migliore: punta a creare nuovi mondi, letteralmente. Che si tratti di sostenere una nuova amministrazione americana o di conquistare Marte, Musk continua a scrivere il suo nome nella storia.

 

Qual è la data della fine dell’umanità: uno studio la rivela

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Gli scienziati dell’Università di Bristol, in uno studio recente, si sono impegnati a risolvere uno dei più grandi enigmi: la data in cui tutti gli esseri umani sulla Terra potrebbero cessare di esistere. Nonostante questo tragico destino sia previsto a circa 250 milioni di anni da ora, le sue implicazioni sono profonde e sollevano una serie di questioni urgenti, sia attuali che future, che potrebbero accelerare questa inevitabile fine.

Il dottor Alexander Farnsworth, ricercatore associato presso l’Università di Bristol e autore principale del rapporto, ha evidenziato che il principale motore di questa prospettiva spaventosa è l’incessante aumento delle temperature e del calore estremo. Questo fenomeno contribuirà alla formazione di un supercontinente, portando anche a eruzioni vulcaniche frequenti che di certo non aiuteranno. I risultati ottenuti dallo studio sono allarmanti e inducono a una riflessione approfondita su come si possa evitare questo destino oscuro.

Il dottor Farnsworth ha osservato: “Le prospettive per il futuro distante appaiono estremamente desolanti. I livelli di anidride carbonica potrebbero raddoppiare rispetto ai livelli attuali. Considerando inoltre che si prevede che il Sole emetta circa il 2,5% in più di radiazioni e che il supercontinente si troverà principalmente nei tropici caldi e umidi, è probabile che gran parte del pianeta debba affrontare temperature comprese tra i 40 e i 70°C“.

Questo scenario prevede temperature estreme, elevati livelli di umidità e una grave carenza di risorse alimentari e idriche per gli esseri umani e altre specie. In queste condizioni, il corpo umano non sarebbe in grado di dissipare il calore tramite il sudore, conducendo a una progressiva inabitabilità del pianeta.

La soluzione sta nell’uso dei combustibili fossili: eliminarli posticiperebbe la data

Nonostante le prospettive disastrose alle quali si fa cenno nel rapporto, emergono anche alcune piccole possibilità di speranza. Gli scienziati hanno infatti individuato una via per scongiurare la catastrofe imminente: eliminare l’uso dei combustibili fossili. Il professore Benjamin Mills dell’Università di Leeds, coinvolto nello studio, ha chiarito che l’aumento dell’uso di questi combustibili potrebbe accelerare drammaticamente il tragico epilogo, portando la fine dell’umanità sulla Terra molto prima delle previsioni. Per dimostrare questa tesi, lo studio si è avvalso di modelli climatici avanzati e di supercomputer, che evidenziano come gli estremi climatici si intensificheranno significativamente quando i continenti del mondo si uniranno per formare un supercontinente caldo, secco e in gran parte inabitabile.

Pertanto, sebbene la data di 250 milioni di anni possa sembrare distante e quasi astratta, il rapporto degli scienziati ci rammenta che il nostro futuro è strettamente legato alle nostre azioni attuali. La lotta contro il cambiamento climatico e la transizione verso fonti di energia sostenibili rappresentano passaggi cruciali per la preservazione del nostro pianeta e per garantire un futuro migliore alle generazioni a venire. Le sfide poste dal cambiamento climatico non possono essere ignorate, poiché il nostro destino potrebbe dipendere dalla nostra capacità di affrontarle con determinazione sin d’ora.

Quali sono le possibili cause della fine dell’umanità? Le trappole evolutive

Le sfide che dobbiamo affrontare vanno oltre quanto finora esposto: la stessa abilità di adattamento che ci ha consentito di prosperare sulla Terra e di raggiungere una popolazione di oltre 8 miliardi di individui potrebbe ora rivelarsi una vera e propria trappola per il genere umano. Un disastroso effetto boomerang che lo porterà verso l’estinzione.

Uno studio condotto presso l’Università di Stoccolma, in Svezia, ha individuato ben 14 diverse trappole evolutive nelle quali stiamo cadendo, potenzialmente segnando la fine della nostra specie.

Per gli studiosi che hanno collaborato a questa ricerca, la definizione di “trappola evolutiva” rappresenta una determinata configurazione ambientale che in un primo momento sembra vantaggiosa ma che poi, nel tempo, può rivelarsi estremamente dannosa e persino letale.

Il pericolo per la nostra specie, da abile ingegnere degli ecosistemi in grado di trasformare profondamente e irreversibilmente il pianeta qual è, è quello di non riuscire ad adeguarci ai cambiamenti che noi stessi abbiamo causato.

Gli umani sono una specie incredibilmente creativa – ha rivelato Peter Søgaard Jørgensen, antropologo presso l’università svedese e autore dello studio – Siamo in grado di innovare e adattarci a una vasta gamma di circostanze e di cooperare su scale sorprendentemente grandi. Ma queste stesse capacità possono avere conseguenze indesiderate”.

Le 14 possibili modalità di estinzione individuate dal team sono state suddivise in tre categorie. Si parla innanzitutto di trappole ecologiche globali: semplificazione (ad esempio rientra in questo calderone la creazione di sistemi troppo specializzati, come le monoculture agricole), crescita insostenibile, sovrasfruttamento della Terra, divisioni, conflitti internazionali e contagio (ad esempio legato a malattie infettive e pandemie, il Covid-19 ce lo insegna bene).

Tuttavia, il quadro non finisce qui: c’è infatti una seconda categoria, ovvero quella delle trappole tecnologiche-infrastrutturali (come i combustibili fossili), l’inquinamento chimico, le tecnologie ad alto rischio esistenziale (come le armi nucleari), l’autonomia tecnologica (le minacce dell’intelligenza artificiale) e la disinformazione.

Le ultime quattro minacce di estinzione sono infine state battezzate “trappole strutturali” e includono: visione a breve termine, consumo eccessivo, disconnessione dalla biosfera e perdita di capitale sociale locale, poiché un mondo sempre più digitale potrebbe compromettere le tradizionali interazioni sociali.

È evidente che la nostra capacità di adattamento, se non guidata da una consapevolezza ecologica e da una responsabilità verso il pianeta e le sue risorse, potrebbe ritorcersi contro di noi in modo devastante. Le trappole evolutive individuate dagli scienziati ci mettono di fronte a una realtà spietata: le nostre azioni potrebbero in realtà condurci verso la nostra stessa estinzione. Dobbiamo quindi abbandonare questo classico approccio miope e concentrarci sul lungo termine, considerando gli impatti delle nostre azioni sulle generazioni future e sull’intero ecosistema terrestre.

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