Ci si chiede da sempre se prima di morire riceviamo un segno, un avvertimento, una illuminazione sul fatto che sia giunta la nostra ora; insieme a questa atavica curiosità ne abbiamo anche un’altra: cosa succede subito dopo aver esalato l’ultimo respiro? Se a questo dilemma profondo gli scienziati hanno risposto già tempo fa che il cervello continua ad emettere flebili onde cerebrali per alcuni minuti, alla prima domanda i ricercatori hanno dato una parziale risposta soltanto di recente.

Sembra che qualche istante prima che l’oscurità ci avvolga, il nostro naso avverta la presenza della morte fiutando una particolarissima sostanza nota come putresceina. L’olfatto è considerato il senso più fine e sviluppato e con il Covid è stato messo ko insieme al gusto lasciandoci totalmente disorientati.

Ebbene, poco prima di morire il nostro naso avverte l’odore della morte: la molecola riconosciuta dagli scienziati come responsabile di una tale presa di coscienza agirebbe in realtà sia a livello conscio che inconscio.

Stando a quanto rilevato su un campione di pazienti esposti a questa molecola dai medici Ilan Shrira e Arnaud Wisman, dottori dei dipartimenti di Psicologia delle università dell’Arkansas e del Kent, il naso, sentendo questo odore scaturito dal corpo in putrefazione, avverte una sensazione di pericolo e porta il nostro corpo ad agire d’istinto, come ad esempio scappare. Ma la putresceina si insinua anche nel nostro inconscio: a livello cerebrale scatta una reazione opposta a quando siamo esposti alla presenza di feromoni, che sono gli ormoni legati alla sfera intima e al rapporto amoroso.

Lo stimolo chimico è dovuto al decadimento degli aminoacidi una volta che l’organismo inizia a marcire e decomporsi: come il naso fiuta un odore che trasmette paura e pericolo, il cervello sente che ciò che sta per accadere è il contrario delle sensazioni di benessere che riceviamo durante un rapporto intimo.