Una nuova allerta preoccupante arriva dal continente africano, nello specifico dalla Tanzania, dove si stanno registrando casi di infezione causata dal virus Marburg. I timori sono legati alla possibilità di una nuova epidemia determinata da uno degli insetti più letali del mondo.
Un altissimo tasso di mortalità
I dati sono a dir poco inquietanti: il tasso di mortalità raggiunge addirittura il 90% dei pazienti e il numero ancora ridotto di decessi (al momento si parla di cinque persone) non è affatto da sottovalutare. A ciò, del resto, si deve aggiungere il fatto che ulteriori tre persone sono risultate affette dalla malattia e sono ospedalizzate ma altre 161 sono in fase di tracciamento e monitoraggio.
Un quadro che va complicandosi anche perché, secondo le notizie provenienti dai media internazionali, 98 persone sarebbero state messe in quarantena in Ghana lo scorso anno dopo la morte di due pazienti. E almeno nove persone sono morte in Guinea Equatoriale nei primi mesi del 2023.
Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è già operativa e, tramite il responsabile locale Matshidiso Moeti, ha fatto sapere di essere al lavoro per cercare di contenere il virus il prima possibile.
Marburg: cos’è e come si trasmette
Si tratta della prima volta in cui si registra nel paese dell’Africa orientale la presenza di Marburg la cui sintomatologia è simile all’Ebola e causa porte per dissanguamento. Il medico ha confermato anche “gli sforzi delle autorità sanitarie della Tanzania per stabilire la causa della malattia” al fine di “rispondere efficacemente all’epidemia”.
Come il Covid19 ci ha, purtroppo, insegnato, la rapidità nel contenimento è, infatti, fondamentale per arrestare la circolazione virale e interrompere i contagi.
Scoperto nel 1967 dopo una serie di morti sospette in Serbia e in Germania, il virus Marburg fu trasmesso originariamente dalle scimmie verdi importante dall’Uganda per condurre esperimenti in laboratorio. Oggi, la trasmissione all’uomo avviene attraverso i pipistrelli della frutta che, come spiega l’OMS, ne sono ospiti naturali. Ridurre qualunque contatto è, quindi, la strada maestra per prevenire nuove infezioni.