Le persone atee sono più intelligenti di quelle religiose. A rivelarlo una ricerca scientifica svolta dall’Università di Rochester che ha raccolto i risultati di 63 studi. In 53 di questi è stata trovata una forte correlazione fra una minore intelligenza e la fede religiosa.
Lo studio che analizza l’intelligenza di atei e credenti
Secondo gli studiosi i fedeli avrebbero un cervello “meno allenato” rispetto agli atei, poiché le religioni “hanno delle premesse irrazionali, non fondate su basi scientifiche e non verificabili che non attraggono chi è intelligente”.
Lo studio si intitola “The Relation Between Intelligence and Religiosity: A Meta-Analysis and Some Proposed Explanations” ed è stato svolto dal professor Miron Zuckerman.
La correlazione negativa tra IQ e fede
Per i ricercatori la correlazione negativa tra IQ e fede inizia dall’infanzia e si conclude durante la vecchiaia. I risultato dei vari studi hanno dimostrato come il livello di religiosità e quello di intelligenza siano legati. Le ricerche prese in esame si sono svolte nell’arco di ben 90 anni. La più famosa è quella del 1921 che ha analizzato il quoziente intellettivo di 1.500 persone seguendoli dall’infanzia sino alla vecchiaia.
La ricerca ribadisce i risultati di un altro studio svolto nel 2008 da Richard Lynn dell’Università di Ulster. Lo scienziato infatti sosteneva che l’elite intellettuale britannica sia per la maggioranza atea e che il declino delle religioni in Occidente sia avvenuto contemporaneamente ad un aumento delle facoltà intellettive.
La ricerca, come ovvio, ha scatenato opinioni discordanti. C’è da dire che ad oggi la maggior parte dei credenti vive in paesi che sono in via di sviluppo, dove si registrano livelli di alfabetizzazioni inferiori e sistemi scolastici inesistenti.
Come si può definire l’intelligenza?
Un altro punto sensibile della ricerca riguarda la definizione di intelligenza. I ricercatori la descrivono come “l’abilità di ragionare, risolvere problemi, pensare astrattamente, capire idee complesse, imparare velocemente e apprendere dall’esperienza”.
Nell’ultimo periodo però per descrivere questo concetto sono stati utilizzati anche altri parametri come la sensibilità e l’emotività.