Il conflitto russo-ucraino sta occupando la cronaca degli ultimi giorni e la paura che Vladimir Putin possa sganciare una bomba atomica per dare una dimostrazione della sua forza continua a tenere banco nonostante siano in corso negoziati di pace e si stiano attuando diversi corridoi umanitari per l’emergenza sfollati.
Oggi, infatti, si è tornati a parlare di nucleare, dato che il presidente russo Putin avrebbe avanzato la possibilità di utilizzare armi nucleari nel conflitto con l’Ucraina, e questa minaccia non è da sottovalutare anche per l’Italia.
Le bombe atomiche in Italia
Pur non possedendo né producendo armi nucleari, l’Italia è coinvolta nelle dinamiche della NATO e dell’Alleanza Atlantica, essendo un alleato degli Stati Uniti. Attualmente, secondo le parole e le informazioni riportate da Il Sole 24 Ore, il nostro Paese ospita armamenti nucleari americani in due basi militari: quella di Ghedi (Bs) e quella di Aviano (Pn).
- Ghedi fa parte del NATO nuclear sharing group, fornendo il vettore ( i Tornado e gli F35), mentre gli americani forniscono l’ordigno. Si stima che ci siano circa 60-100 ordigni soltanto a Ghedi.
- Ad Aviano, invece, sarebbero presenti le bombe nucleari americane B-61, utilizzabili da caccia e bombardieri con potenziali regolabili fino a 45-60 Kt.
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La frase pronunciata da Albert Einstein
In questo contesto, torna alla mente una frase pronunciata da Albert Einstein che induce una immancabile riflessione. Tra le tante e famose massime imputabili al genio, spicca questa: “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”.
Parafrasando le parole dello scienziato, i topi non si autoeliminerebbero mai da soli, mentre l’uomo – costruendo un’arma di distruzione di massa – ha messo a repentaglio la sopravvivenza della specie.
La lettera di Einstein al presidente Roosvelt
Albert Einstein disse queste parole dopo che egli stesso mandò una lettera all’allora Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt l’11 ottobre 1939 suggerendo apertamente di iniziare le ricerche sulla fissione nucleare – dopo alcune scoperte di Enrico Fermi – per anticipare Hitler e dunque prima che la Germania nazista potesse usare queste potentissime bombe di energia contro i nemici.
In uno stralcio del carteggio tra i due, riportato su Dilinger, leggiamo: “Alcune ricerche svolte recentemente da E. Fermi e L. Szilard mi inducono a ritenere che l’uranio possa essere trasformato nell’immediato futuro in una nuova e importante fonte di energia […]. Negli ultimi quattro mesi è stata confermata la probabilità […] che sia possibile avviare in una grande massa di uranio una reazione nucleare a catena, capace di generare enormi quantità di energia […]. Questo […] porterebbe anche alla costruzione di bombe […] estremamente potenti di tipo nuovo […]. finanziamenti […] anche eventualmente procurando la cooperazione di laboratori industriali che dispongano dell’attrezzatura necessaria”.
Va detto che lo scienziato non partecipò mai attivamente al “progetto Manhattan” ma spronò gli studi su tali delicatissimi argomenti mosso dalla convinzione che l’America, in possesso di bombe nucleari, mai le avrebbe usate per attaccare e distruggere ma soltanto se costretta a difendersi.
La storia lo smentì in pieno e lui si pentì profondamente: Hiroshima e Nagasaki sono l’esempio tragicamente eloquente di quanto le sue sicurezze fossero poco ancorate al senso supremo di sopravvivenza della specie tutta.