Sulla pizza, nei tramezzini, nel toast ma anche tra due fette di pane: il prosciutto cotto è il salume più amato dagli Italiani. Basti pensare che ogni anno ne consumiamo in media 4 chili a testa e ne produciamo quasi 300mila tonnellate. Si tratta di un alimento che viene consigliato persino nelle diete dal momento che è ricco di proteine e sali minerali come potassio, calcio e ferro. È bene sapere, però, come riconoscere quello di qualità. Non sempre una fetta lucida corrisponde a un buon prosciutto.
Come scegliere il prosciutto
Iniziamo col dire che in commercio lo si trova in diversi formati: tagliato fresco o in vaschetta, piuttosto che aromatizzato, affumicato e a cubetti. Come orientarsi tra tanta varietà? In sé, un buon prosciutto cotto è costituito da pochi ingredienti: acqua, sale, zucchero, spezie, antiossidante e conservante. Eppure non è sempre così.
Capita che le etichette dei prodotti non siano trasparenti come dovrebbero essere, e comunque anche il prezzo è un indicatore di qualità. Quelli che costano meno di sicuro non sono i prosciutti più pregiati.
Perché è meglio evitare la fetta lucida
Il prosciutto cotto in vaschetta si conserva più a lungo a discapito di freschezza e genuinità. Meglio dunque rivolgersi al banco dei freschi. Una fetta lucida, poi, indica che il prodotto ha molta umidità al suo interno.
Ma che cosa vuol dire questo? Per capirlo bisogna fare riferimento al “decreto salumi“, che fino al 2016 stabiliva che si potesse chiamare prosciutto cotto solo il coscio del suino nel quale erano identificabili almeno 3 delle fasce muscolari. Con la modifica del decreto, invece, diventa prosciutto cotto anche quello a forma rettangolare, quadrata o a cubotti.
Il decreto dello Stato
Come se non bastasse, il decreto ha aumentato la tolleranza dell’umidità, consentendo quindi un maggior uso di acqua. Ma se c’è più acqua come si fa a far sentire il sapore del prosciutto? Per rendere un prosciutto più economico si diminuisce la quantità di carne e per insaporire si aggiungono amidi e altri ingredienti che aiutano a trattenere l’acqua.
Nei cubotti ad esempio c’è qualche pezzo di muscolo per dargli sembianza del cotto, ma anche tanto macinato di altre lavorazioni. Eppure con la modifica al “decreto salumi” anche questi cubettati ricomposti si possono chiamare prosciutto cotto.