Era il 1980 quando Shining entrava di prepotenza negli incubi notturni di milioni di persone in tutto il mondo. La pellicola cult di Stanley Kubrick, infatti, ha segnato non solo un’epoca cinematografica e il genere horror ma anche il costume. E a risentire degli strascichi di quel film, insieme agli spettatori che uscivano dalle sale terrorizzati, furono anche i protagonisti, a partire da Shelley Duvall.
L’attrice che interpretava Wendy Torrance ha, infatti, rilasciato una lunga intervista al magazine The Hollywood Reporter ricordando le difficoltà di quel set. A partire dalle scene di pianto ripetute decine di volte: “ non registrava nulla prima, come minimo, della 35esima ripresa. Trentacinque take a correre, piangere e a reggere un bambino… diventa difficile. – ha raccontato Duvall – E la performance era completa dalla prima prova. È dura.”
Così, Shelley aveva trovato un metodo per prepararsi emotivamente. “Prima di una scena – ha ricordato – prendevo un walkman e ascoltavo canzoni tristi. Oppure semplicemente mi mettevo a pensare a qualcosa di moto triste o a quanto mancassero la famiglia e gli amici. Ma dopo un po’, il tuo corpo si ribella e ti dice di smetterla di fargli tutto questo. ‘Non voglio piangere ogni giorno’, ti ripete.”
“E talvolta bastava questo solo pensiero a farmi piangere – continua nell’intervista – Svegliarmi il lunedì mattina presto e rendermi conto che avrei dovuto piangere per l’intera giornata perché così era previsto. E scoppiavo in lacrime. Mi dicevo: ‘No, no, non posso, non ce la faccio’. Eppure l’ho fatto. Jack mi disse: ‘Non so come fai’.”
Sul rapporto con il regista Kubrick, poi, e sulla sua durezza durante le riprese Shelley Duvall ha ricordato: “Lui ha quella vena, sicuramente. Ma credo che si comporti in questa maniera soprattutto perché altri sono stati così con lui in passato. […] Ma era molto caloroso e amichevole nei miei confronti. Ha trascorso molto tempo con me e Jack: semplicemente voleva sedersi e parlare per ore mentre il resto della crew stava ad aspettare. E si trattava di circa sessanta persone che restavano in attesa. Ma era un lavoro davvero molto importante.”