Sai qual è la differenza tra pollo e gallina? La domanda potrebbe sembrare elementare, eppure molte, moltissime persone danno la risposta sbagliata quando viene posto tale quesito.
C’è chi li confonde anche perché in apparenza sembrano uguali. Bisogna anche dire che ormai sempre di più l’uomo si sta allontanando dalla campagna e più in generale dal contatto con la natura.
L’errore che si commette con superficialità è pensare che la diversità tra pollo e gallina risieda tutta nel sesso dell’animale. In realtà non è così. Entrambi sono due animali da cortile, infatti non esiste aia o portico di campagna che non sia frequentato da questi uccelli, allevati sia per la carne sia per le uova.
Dall’alba al tramonto sono sempre in movimento, intenti a razzolare alla ricerca di qualche seme o di un vermetto, ora a bere in qualche pozzanghera o addirittura a beccarsi a vicenda. Se si comportano nello stesso modo, se il sesso non li diversifica, che differenza c’è tra pollo e gallina?
Cosa distingue un pollo da una gallina?
Soprattutto chi non ha un allevamento avicolo fa fatica a distinguere tra pollo e gallina. Le differenze, però, ci sono eccome. Vediamole nel dettaglio. Due sono le distinzioni che si possono fare quando si parla di pollo e gallina:
- una riguarda lo scopo dell’allevamento;
- un’altra l’età dell’animale.
Per quel che concerne la prima distinzione, il pollo viene allevato per la produzione di carne, la gallina invece per la produzione di uova, il cui guscio dice molto sullo stato di salute della stessa. A conferma di questo basti pensare che quando ci si reca dal macellaio di fiducia non si chiede la carne di gallina, bensì quella di pollo.
La seconda distinzione, dicevamo, è determinata dall’età dell’animale. Sono le varie fasi di crescita a determinare la differenza tra:
- pulcino;
- pollastro;
- pollo;
- gallina.
Partiamo dal primo stadio di vita dell’animale, quello in cui si parla di pulcino. Esso è un piccolo esserino coperto da un soffice e delicato piumaggio. Trascorse circa 5 settimane il piumaggio del pulcino cambia, così come cambia la struttura corporea.
A questo punto si parla di pollastro. Dopo 5 mesi dalla nascita si parla di pollo. È bene sottolineare che questo termine si usa a prescindere dal sesso dell’animale. In questa fase il maschio non ha ancora raggiunto la maturità sessuale, mentre la femmina non depone ancora le uova.
Arriviamo all’ultima fase, quella in cui l’animale raggiunge la maturità sessuale e inizia la deposizione delle uova. In questa fase si può parlare di gallo e gallina.
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Le differenze tra pollo e gallina in cucina
Le differenze tra pollo e gallina si riscontrano anche sulla tavola, in cucina. La gallina ha più grasso rispetto al pollo e viene usata per preparare il brodo da far consumare alle donne che allattano, perché pare che faccia aumentare la produzione di latte.
A distinguerli è anche la consistenza della carne. Quella del pollo è tenera e si stacca con facilità dall’osso. Viene cucinata, in genere, al forno con le patate. La gallina invece ha la carne più dura e più grassa: ideale per la preparazione del brodo. In Veneto c’è una grande tradizione per quel che riguarda la realizzazione di piatti che prevedono l’impiego di questi animali. In particolare la cucina padovana ci fa capire come il ruolo di queste carni bianche sia cambiato nel corso del tempo.
Oggi portare in tavola il pollo non è sinonimo di eccezionalità. Eppure in passato era un cibo regale. Basti pensare che alla corte di Francia durante il regno di Luigi XV si mangiava la fricassea di pollo e le dame si contendevano il cuoco più bravo nel preparare tale pietanza. Nel 1927 il pranzo di Capodanno di Casa Savoia faceva sfoggio sul menù del risotto alla piemontese e cappone in tegame con insalata. Il pollo arrosto era nel banchetto di nozze di Umberto con Maria Josè. Insomma una gran differenza con la cucina dei nostri giorni. Un tempo il pollo era un cibo ricercato e raffinato, ora invece è un cibo popolare e a buon mercato grazie alla grande industria.
Tornando alle tradizioni culinarie venete, del pollo non si buttava via nulla. Brodi delicati per fanciulle che ne avevano bisogno ricavati da zampe, creste e teste, colli ripieni trasformati con l’aiuto di vari “avanzi” in cotechini, risotti con cuore e fegatini. E la gallina? Era insipida ma come dice il detto dava buon brodo. Esso, grazie anche all’uso delle spezie, dava gran sapore ai risotti. I pollastri invece venivano aromatizzati con mandorle, zenzero, cannella e chiodi di garofano.
Non si può però non parlare della “gallina alla canèvera”, piatto tipico della tradizione. La gallina invece di essere posata nell’acqua per far brodo, viene sobbollita chiusa in un sacchetto per alimenti senza aggiunta di liquido, e scarica il liquido che produce cuocendo attraverso una cannuccia (la canèvera, appunto) nel brodo.
Qualcuno potrebbe osservare che ci stiamo scordando del cappone, che solitamente viene tirato fuori a Natale o a Capodanno. Innanzitutto che cos’è? È un maschio di sei-sette mesi, di grosse dimensioni, e castrato due mesi prima di essere macellato. Proprio la castrazione fa sì che la sua carne sia più tenera. In ogni caso è sempre meglio che venga ben nutrito e allevato all’aperto affinché dia il meglio di sé. Se viene lessato ecco un trucco per chiarificarne il brodo: mettere il consommé alcune ore in frigorifero e togliere il grasso in superficie. Unire al brodo quattro albumi sbattuti. Portare il tutto a bollore, lasciandolo sobbollire per circa 30 minuti. In questo modo infatti le impurità si concentreranno in superficie e sarà molto più semplice eliminarle.