Perché a Bologna si dice “dare il tiro“? I turisti che passeggiano tra le strade della capitale dell’Emilia Romagna rimangono spesso perplessi quando sentono per la prima volta questa espressione che, a primo impatto, potrebbe dar l’idea di avere a che fare con sostanze stupefacenti o sigarette. In realtà questa frase non ha nulla a che vedere con il fumo ed è un modo di dire molto antico, risalente addirittura al 18esimo secolo, che sta ad indicare semplicemente il comando per aprire il portone.
Un modo di dire ottocentesco
All’epoca, infatti, nelle case dei bolognesi i portoni si aprivano grazie ad un sistema meccanico costituito da corde e catene. Nello specifico gli ospiti che arrivavano davanti al portone potevano annunciare la propria presenza schiacciando un pomello che faceva suonare una campanella posta all’interno dell’abitazione, essendo collegato ad essa attraverso una corda; la servitù poteva, poi, aprire il portone a distanza sganciandone la serratura grazie ad un secco e forte tiro alla catena ad esso agganciata. Da allora l’espressione dare il tiro è divenuta a tutti gli effetti sinonimo di apertura della porta.
Questo modo di dire, inoltre, era talmente tanto diffuso tra le persone del luogo che, anche quando l’energia elettrica è arrivata ad essere presente nelle case di tutti, si è continuato ad usarlo per indicare il classico apri-porta del citofono. Ma non solo! Ancora oggi a Bologna la maggior parte delle case ha nei propri androni un pulsante con su scritto Tiro e la gente ha mantenuto l’usanza di gridare sotto ai portici “mi dai il tiro?” per chiedere che venga aperto il portone. Decisamente curioso è, però, il fatto che tale espressione è estremamente localizzata nel territorio bolognese tanto che è praticamente ignota nei dintorni.
Se si gira tra le strade di Bologna e ci si imbatte in questo caratteristico modo di dire, quindi, non bisogna meravigliarsi, storcere il naso o pensare a male: è semplicemente un’espressione tipica del luogo che ha radici lontane nel tempo, e che dimostra come la città abbia una storia e delle tradizioni molto forti, in cui ancora oggi i cittadini si identificano. Vi sono, infatti, alcuni esempi dell’uso di questa espressione anche in letteratura: la ritroviamo, infatti, nel libro I Sotterranei di Bologna di Loriano Macchiavelli e in Certo che voi di Bologna… di Giorgio Comaschi, per citarne solo un paio.