Trovato il corpo di Gesù Cristo in Egitto: la scoperta smentisce tutto ciò che sappiamo

Un ricercatore britannico rivela l’impensabile: il corpo di Gesù Cristo e l’Arca dell’Alleanza sarebbero nascosti sotto la piramide di Giza in Egitto

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Una notizia clamorosa sta scuotendo sia la comunità scientifica che quella religiosa: un antropologo britannico avrebbe individuato il corpo di Gesù Cristo e l’Arca dell’Alleanza in un luogo inaspettato, nascosto da millenni sotto la sabbia d’Egitto. Non si tratta di una teoria vaga o di un’ipotesi da romanzo, ma del risultato di un decennio di ricerche meticolose condotte dal dottor Howard Warner. Secondo i dati raccolti, il luogo della scoperta non è altro che una camera sotterranea al di sotto della Grande Piramide di Giza.

La scoperta del dottor Warner

Warner sostiene di aver individuato una doppia caverna nascosta dietro un blocco di pietra massiccio, che ostruisce un passaggio meridionale finora mai esplorato nella parte più profonda del complesso piramidale. In questa cavità sigillata, sarebbero conservati sia il corpo del Cristo che l’Arca dell’Alleanza. Le prove, a detta del ricercatore, sarebbero inequivocabili: analisi geofisiche, rilievi visivi, modelli tridimensionali e riscontri con fonti antiche delle tre religioni monoteiste.

Il dibattito è aperto

Il progetto ha suscitato fin da subito reazioni contrastanti. Da una parte, il Consiglio Supremo delle Antichità egiziane ha mostrato apertura, tanto da inserire Warner nel gruppo internazionale della missione Scan Pyramids, il consorzio che utilizza la tecnologia dei raggi muonici per scandagliare le strutture di pietra in profondità. Dall’altra, però, alcune figure influenti nel panorama archeologico egiziano, come l’ex ministro Zahi Hawass, si sono opposte duramente, paventando il rischio di speculazioni pseudo-scientifiche e una strumentalizzazione ideologica della scoperta.

Le montagne sono il fulcro della scoperta

L’elemento più sorprendente dell’indagine di Warner è l’approccio puramente scientifico con cui ha condotto l’intero lavoro. L’antropologo, che dichiara apertamente di non essere credente, ha combinato testi religiosi, studi etimologici, mappe antiche e dati geofisici. Secondo la sua teoria, più montagne citate nei testi sacri — come il Monte Sinai, il Monte degli Ulivi e il Monte Sion — sarebbero in realtà riferimenti simbolici alla stessa struttura: la Grande Piramide. In questo scenario, il sermone della montagna non si sarebbe tenuto in Israele, bensì proprio in Egitto, nell’epicentro simbolico e geografico di tutte le religioni abramitiche.

Fede e popoli: questa scoperta potrebbe cambiare il mondo?

Un altro aspetto non trascurabile riguarda la questione geopolitica. Warner ritiene che la rivelazione potrebbe avere un impatto positivo nei rapporti tra popoli e fedi, contribuendo a una possibile distensione in Medio Oriente. Il suo obiettivo finale è quello di far rimuovere l’ultimo blocco che sigilla la camera, per portare alla luce l’Arca dell’Alleanza e renderla il fulcro del nuovo Grand Egyptian Museum.

Nel frattempo, il dossier completo della ricerca è stato reso pubblico attraverso il portale ufficiale www.garp.space, dove sono consultabili anche i documenti ufficiali scambiati con le autorità egiziane. Warner ha inoltre avviato contatti con le Nazioni Unite, nel tentativo di sbloccare la situazione e superare l’impasse politico che impedisce l’accesso definitivo alla camera sotterranea.

La notizia, se confermata, potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione storica e religiosa dell’identità di Gesù, ridisegnando le coordinate simboliche del cristianesimo. Ma per ora resta ancora un mistero sigillato nella pietra. La domanda è: quanto siamo davvero pronti ad affrontarne le implicazioni?

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