Supercomputer ha previsto l'apocalisse: il mondo finirà entro... Non manca tanto tempo

Una macchina computerizzata degli anni ’70 ha calcolato quanto resta da vivere alla nostra civiltà: la data che spaventa

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Tra gli anni ’60 e ’70 Aurelio Peccei, fondatore di Fiat e Olivetti, riunì nel cosiddetto Club di Roma una trentina tra scienziati, imprenditori, economisti e umanisti per ragionare sul futuro dell’umanità analizzando una serie di fattori quali tasso di natalità, inquinamento, disponibilità delle risorse terrestri.

Il progetto del MIT del supercomputer

Il gruppo finanziò un progetto del MIT che portò alla costruzione nel 1972 di un super computer in grado di fare delle previsioni attraverso algoritmi complicati che ancora oggi risulta attuale: tutte le conclusioni a cui il Club di Roma arrivò sono racchiuse nel libro “Limits to Grow”, con all’attivo 12milioni di copie vendute: un record editoriale nell’ambito della letteratura green.

Il super computer, come si legge su Scienza in Rete, era in grado di prevedere “le conseguenze ambientali ed economiche della crescita incontrollata della popolazione e della produzione industriale”.

All’epoca, la sua previsione per il 2020 affermava che le condizioni del pianeta sarebbero state “altamente critiche“. Un report inquietante affermava: “L’inquinamento diventa così grave che comincerà a uccidere persone, il che a sua volta farà diminuire la popolazione, inferiore a quella del 1900. In questa fase, tra il 2040 e il 2050, la vita civile come la conosciamo su questo pianeta cesserà di esistere”.

I risultato del supercomputer

Secondo i risultati ottenuti dalla macchina, guidare auto pulite e non alimentate a combustibili, così come i bassissimi tassi di natalità non sono fattori in grado di contenere l’implosione a cui stiamo andando incontro: sembrano cioè inutili rimedi al fine di garantire la sopravvivenza del mondo in cui viviamo e in cui le future generazioni vivranno con meno cibo e acqua a disposizione e aria più sporca.

Anche l’astronomo Royal Martin Rees, uno degli astrofisici più illustri dell’Inghilterra supporta le nefaste previsioni sulla fine del mondo: i cambiamenti climatici, la dipendenza dalla tecnologia e la difficoltà di approvvigionamento metteranno a dura prova l’umanità. Insomma, non sono tutte rose e fiori per gli a venire…

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